sabato 23 febbraio 2008

La sposa e lo sposo

Shade viene dal Kenia e ha sei sorelle. Per la continuazione del nome della famiglia, suo padre avrebbe preferito che nascesse almeno un maschio, ma così non è stato e lui si è consolato facilmente perchè in Kenia chi ha le femmine avrà sicuramente un futuro prosperoso. Chi vuole una moglie la deve pagare. Fino a qualche decennio fa, si pagava con mucche e bestiame vario, adesso con quote che si aggiornano con l'inflazione. La ragione è questa: la figlia sposandosi va a lavorare per un'altra famiglia, i servizi che faceva per madre, padre e sorelle, li va a fare per il suocero, ecc...Il padre di Shade, non è stato tanto fortunato, perchè tre delle sue figlie hanno sposato tre italiani che non hanno voluto pagare niente perchè in Italia non c'è questa tradizione. Il padre è molto arrabbiato e controlla a vista le altre tre figlie perchè ha paura che seguano l'esempio delle sorelle.
In India invece, quando nasce una femmina, nasce una preoccupazione perchè un giorno bisognerà "comprarle" un marito. Pur essendoci leggi precise che vietano il passaggio di denaro da una famiglia all'altra per questioni matrimoniali, sembra che la pratica sia diffusa in tutto il paese. Sohini, è in Italia da quattro anni, lavora come domestica in una famiglia molto ricca, ha un buon stipendio, ma ha già 25 anni e non ha ancora un marito. Suo padre in India trama, intriga, combina, poi comincia a mandarle alcune foto di promettenti giovani (leggi: sfaccendati, cugini di qualcuno, parenti lontani o vicini, in attesa della grande occasione) che giurano di amarla senza nemmeno averla vista. Lei in questi anni è riuscita a mettere da parte 25.000 euro (!) e guarda caso servono pari pari per questa operazione. Racconta la cosa alla padrona di casa, spiega che lei deve fare quello che dice il padre, la signora (che è quella che mi ha raccontato la storia sperando che anch'io riuscissi a dissuaderla) è molto arrabbiata perchè non vuole certo un uomo in casa da sfamare, non vuole rinunciaare alla ragazza perchè è brava e tutti sono affezionati a lei. Io parlo con Sohini e le dico che potrebbe trovare un indiano qui che già lavora e già parla l'italiano, ma lei insiste: non può disobbedire al padre. E così è partita e penso che adesso stia preparando le nozze.
Non ho mai fatto indagini sociologiche e non ho mai letto grandi cose sulle ragioni sociali che sottintendono i fenomeni, rimango comunque allibita di come le donne rappresentino una merce di scambio.
Ah, dimenticavo! Se poi per caso una donna non rimane incinta, naturalmente è sempre e solo colpa sua e verrà ripudiata o costretta a servire la nuova moglie che finalmente dovrà "figliare".
A Sry Lanka, se una donna resta vedova, non potrebbe esserci maledizione peggiore. Qualsiasi festa di matrimonio, nascita, ricorrenze varie, le è preclusa perchè lei porta sfortuna. Non ho capito cosa succede dopo la morte del marito, dove abita e che cosa fa. In India, (abbiamo letto tutti la storia tristissima) le vedove addirittura si concentrano in una città abitata solo di vedove che vivono solo di carità (tempo fa sul "venerdì" di Repubblica) e mi sembra sia uscito anche un film in qualche festival.
Ovviamente queste storie non son sono più sconosciute a nessuno, ma entrarci in contatto diretto, fa sempre un certo effetto.

3 commenti:

alfonso ha detto...

Sono stato in India una decina di anni fa e conosco bene le cose che scrivi, c’è da evidenziare l’alto numero di omicidi e lesioni commessi, ogni anno, a danno di donne la cui famiglia non soddisfa le richieste economiche del marito e dei suoceri. Il metodo classico è quello di darle fuoco, dichiarando successivamente alla polizia che si è trattato di un incidente: il sari ha preso fuoco mentre la donna cucinava. Va detto che l’India ha sempre avuto, fin dall’indipendenza (1948), governi progressisti che hanno cercato e cercano di contrastare i fenomeni più deleteri e criminosi imposti dalla tradizione indu, compreso quello del passaggio di denaro. Già gli inglesi ci avevano provato, ma erano colonizzatori predatori.
La tradizione indu prevede che la sposa sia completamente sottomessa alla famiglia del marito e dovrà immolarsi gettandosi fra le fiamme della sulla pira se questi dovesse morire (“sati”). In caso di rifiuto esse diventeranno oggetto del disprezzo generale e “vedove”: in alcuni dialetti e lingue dell’India, la parola “vedova” e quella indicante “donna di malaffare” sono coincidenti. La legge punisce con la pena di morte chi istighi una donna al “sati”, questo fatto mi fu spiegato allorquando avevo notato che intorno alle pire non c’erano donne: mi fu spiegato, in un primo momento, che la ragione stava nel fatto che esse piagnucolavano e disturbavano la solennità del rito, in un secondo momento mi fu raccontata la terribile verità. Per questo motivo il governo aveva vietato alle donne di accostarsi alle pire.
Naturalmente all’origine di questi costumi non v’è solo la tradizione indu (del resto, in India, il cinquanta per cento circa della popolazione è mussulmana) ma anche la particolare forma di proprietà privata che è a carattere familiare, le nascite in una famiglia devono assolutamente bilanciarsi fra maschi e femmine per compensare le “uscite” in denaro che comportano le femmine, da qui anche l’elevato sviluppo demografico. A Bombay una recente indagine ha rilevato che il 99% degli aborti riguardano feti femminili.
Un’altra conseguenza della “mercificazione” del matrimonio è il basso livello di studio nelle ragazze, infatti un titolo di studio, mi fu spiegato, rappresenta un valore aggiunto che giustificherebbe una “dote” più bassa da pagare da parte della famiglia della sposa, ma in una società spesso arcaica e contadina questo non viene accettato, si esigono solo soldi o beni materiali ragion per cui il grado d’istruzione diventa un disincentivo al matrimonio se lo si vuol far pesare sulla bilancia della “dote”: inutile allora spendere soldi per far studiare la bambina. L’India è un paese in rapida crescita economica ma ancora lo sviluppo non ha toccato gran parte del suo territorio e della popolazione, c’è da credere (e sperare) che presto le cose cambieranno.
Molti aspetti di questa condizione subalterna della donna erano presenti anche da noi fino a non molti decenni fa. Essi nascono si dalle tradizioni, ovunque, ma si sono radicate nei secoli nelle società essenzialmente contadine di tipo arcaico, lo sviluppo dei mezzi di produzione meccanici e, naturalmente, delle fonti energetiche necessarie (fondamentalmente il petrolio) hanno liberato l’uomo dal lavoro fisico dei campi e di conseguenza hanno consentito lo sviluppo di attività più avanzate; hanno consentito agli uomini e alle donne di potersi dedicare allo studio. Nel Medioevo l’ottanta per cento della popolazione era adibita nei campi alla produzione alimentare, e non ce n’era mai abbastanza per tutti, oggi negli Stati Uniti, dove mi trovo attualmente, solo lo 0,5% della popolazione è impiegata nell’agricoltura e gli Stati Uniti rappresentano uno dei due principali “granai” del mondo (se poi qualcuno, solo per scopi politici, sta oggi indirizzando questa produzione verso la trasformazione in bio-carburante, questo è un altro discorso).
Finisco ricordando solo alcune questioni legate alla condizione della donna nel nostro Paese fino a non molti anni fa, chi ha la mia età (e non sono Matusalemme!) dovrebbe ricordarle:
a) Fino agli inizi degli anni settanta il nostro Codice Penale prevedeva il “matrimonio riparatore”: una ragazza poteva essere rapita, tenuta sotto sequestro e violentata, se poi accettava di sposare il rapitore-sequestratore-violentatore allora il matrimonio estingueva tutti i reati. Il fenomeno era molto diffuso in Sicilia. Fece molto scalpore (qualcuno se lo ricorda?) il caso di Franca Viola di Alcamo che, appena diciassettenne, fu rapita, sequestrata per otto giorni e violentata ma poi ebbe il coraggio di rifiutare il “matrimonio riparatore” e mandò in galera il suo strupatore. Era la prima volta che succedeva ed era il 1966.
b) Il nostro Codice Penale prevedeva anche il “delitto d’onore”: si poteva uccidere la moglie o fidanzata ma se in tribunale si dimostrava che questa aveva offeso il proprio “onore” si aveva diritto ad un tale sconto di pena da risultare praticamente impuniti.
c) Sempre il nostro Codice Penale prevedeva il reato di “adulterio”, ma la galera era prevista solo per le donne.
d) Anche la legge sul Diritto di Famiglia non era la stessa di oggi e prevedeva diritti e doveri diversi per i coniugi, naturalmente a scapito della donna.
e) Nelle fabbriche il salario delle donne, come un po’ dovunque, era inferiore a quello degli uomini.
Tutte queste leggi sono state cancellate o modificate solo negli anni settanta, io mi sono sposato nel ’77 e ricordo che la nuova legge sul Diritto di Famiglia era appena entrata in vigore.
Anche qui negli Stati Uniti la stagione dei diritti civili ha avuto inizio solo negli anni sessanta e culminata nel decennio successivo. So che Alessandro Gassman sta portando in giro un lavoro teatrale tratto dal romanzo di Reginald Rose, s’intitola “I dodici giurati”, del quale esiste anche una bellissima versione cinematografica di Sidney Lumet: i giurati sono solo uomini, bianchi e americani, perché non era consentito alle donne e alle minoranze etniche (siamo negli anni ’50) di far parte di giurie popolari.
Alfonso

Cristina ha detto...

Non trovo nessuna parola a riguardo sembra impossibile che esista ancoratanta ignoranza.

Anonimo ha detto...

Fosse solo questione di ignoranza...

Florentina