domenica 28 dicembre 2008

Al villaggio turistico


Prima volta, lo giuro! E potrei dire tranquillamente l'ultima, ma, mai dire mai.


Un posto di noia e di cibo. Tanto cibo, non avrei mai immaginato di vedere cascate di prosciutti, pesci intingolati e fritti, zuppe e pasta, dolci, quantita' incredibile di tutto. E tutto e tanto e le posate e i bicchieri e i piatti e siccome e' tutto incluso, la gente riempie il piatto e poi lascia, si alza di nuovo e fa ancora il giro. E tutto si mangia e si beve in continuazione. Il villaggio e' in mezzo ad una landa desolata, gli uomini della sicurezza sono dislocati un po' dappertutto. Fuori, basta camminare un po' e la solita massa di diseredati, forse anche affamati, probabilmente schifati anche loro di tanto spreco e tanta abbondanza. Se entrassero e vedessero, ma qualche notizia di quello che succede qui dentro l'avranno certo avuta. Io che non sono una »mangiona» mi sento gia'piena solo a guardare. La sensazione di non fame e' terribile. Sa di morte.


Volevo il sole e il mare, giuro, non avevo nemmeno immaginato che nei villaggi turistici, si rimpissassero i clienti come le oche del pate'.


Ci sono anche le immersioni, e la tombola, e i massaggi a pagamento, e le bocce e il mini golf. E tutto e' sottolineato dalla quantita' enorme di bicchieri, piatti, bottiglie, cibo abbandonato nei cespugli per i gatti. Ce ne sono tanti e loro forse qui sono felici. Io che sono una salutista, mi scandalizzo di tutto e penso alla rovina del mondo globalizzato.


Non era proprio la vacanza per me. Non posso nemmeno ammorbare chi legge, per dare e darmi una qualche spiegazione.


Ho sentito una conversazione fra due signore un po' agé: prossimo anno Cuba al Ventaglio, qui sono tutti simpatici ma forse si scopa poco. E l'altra: si, magari c'e' anche un po' piu' di sole.
Dimenticavo: Qui a Capoverde, non c'e' nemmeno il sole in questo periodo. E' solo il paradiso di chi ama l'immoralita' del cibo e il solletico di qualche bel ragazzo.

martedì 23 dicembre 2008

pausa

Mi scuso (ma forse non è la parola giusta) con tutti quelli che pazientemente hanno letto i miei post durante questo anno. Ho perso il filo.
Auguro a tutti di poter essere buoni e aperti per tutto l'anno, così, come forse si sentono, in questo periodo di suoni, canti e regali.
Tante belle cose

lunedì 17 novembre 2008

"Amore c'è?"

Ogni volta che arriva in classe uno studente nuovo, lo faccio accomodare, e poi chiedo agli altri di presentarsi e fargli le domande di rito: come ti chiami, di dove sei ecc...In questo modo verifico le loro capacità di mettersi in relazione attraverso strutture linguistiche imparate, capisco se il nuovo arrivato è totalmente pricipiante e apro la strada per future amicizie. La tendenza di tutti, è quella di stare seduti conn la testa sul quaderno e magari chiacchierare con il vicino che parla la stessa lingua. Rimangono sorpresi quando capiscono di poter parlare in italiano non solo con gli italiani e perchè più o meno costretti, ma possono usare una lingua ponte (quelli che non ne posiedono altre), anche per comunicre con altri stranieri. Siccome l'altro giorno è arrivata una ragazza tailandese molto carina, ho visto un po' di fermento fra i maschi, ho chiesto di farle le solite domande e il solito ragazzo cinese che si lamenta sempre di non piacere alle ragazze, rivolgendosi a lei ha chiesto: - Amore c'è? - Grandi risate, ma lei ovviamente, essendo nuova, non aveva capito che lui voleva sapere se aveva il ragazzo. Preferiscono sempre usare il "C'é", fare le domande con "Hai" non piace quasi a nessuno. Gliel'ho chiesto in inglese e lei tutta rossa ha risposto di si. E io ho capito che con lei dovrò ricominciare tutto dall'inizio.

domenica 9 novembre 2008

Dinamiche di classe


Carlos non è più tanto giovane, porta un orecchino a forma di fiore, si mette le collanine, porta anellini di vetro colorato, è in Italia da due anni ma non è mai andato a scuola, fa le pulizie e il suo italiano è monco, fatto di verbi all'infinito e articoli perduti. Giovanni è alto, bello e molto giovane, è arrivato il primo di ottobre che diceva appena "ciao" e adesso, parla, racconta, fa amicizia con tutti, dà la mano ai nuovi arrivati, se non conosce una parola in italiano ne infila una della sua lingua e va avanti, oppure cerca qualcosa di corrispondente. Esempio: non sa come si dice "madonna" e dice "parente di Gesù", non trova la parola "gratis" e dice "senza soldi". Insomma sa organizzarsi bene. Tony è giovanissimo, capelli sugli occhi, felpa Nike, scarpe della stessa marca, ama la musica, conosce Eros Ramazzotti, viene a scuola e va nelle case a fare qualche ora di pulizie. Lin è bella, viene a scuola per il secondo anno, ha imparato pochissimo, parla solo con quelli della sua lingua. Fatima ha la testa coperta, ha un figlio che ha la stessa età dei ragazzi in classe, è seria, studia, ha un quaderno, il dizionario, non tiene fogli sparsi in qua e là e ha un bel sorriso. Siccome avevo visto qualcuno che confabulava guardando la sua testa, le ho chiesto davanti a tutti da quanto tempo portasse il fazzoletto e lei ha risposto che aveva cominciato quattro anni prima, per seguire meglio le regole del Corano.


Genevieve è giovane e piacente, è seria, fa progressi e dà poca confidenza ai ragazzi. Hu Bo arriva per il secondo anno, è puntuale e ogni tanto dice che a lui piace ragazza italiana ma a ragazza italiana no piace lui. E poi c'è Wang. Arriva quando vuole, entra senza salutare, non ha un quaderno e si siede sempre accanto a Lin che lo comanda a bacchetta. Anche Tony si siede accanto a Lin, così lei in mezzo è sempre occhieggiante e cerca di copiare dal quaderno di Tony. Giovanni dice orgoglioso di avere amici zingari e mafiosi e che preferisce le ragazze del suo paese.


Carlos vuole sempre sedere accanto a Giovanni, Giovanni lo chiama "amico bambolina", io lo guardo malissimo e lui mi dice che scherza, io lo guardo ancora male e lui mi spiega che è per colpa della collanina. Carlos ride e sembra contento che Giovanni lo consideri suo amico, confida a Tony che Giovanni è bello. E Tony ride. Io vorrei intavolare una discussione ma con i pochi strumenti linguistici a mia disposizione, ho paura di ingigantire ancora di più il problema. Rimando.


Wang entra con l'auricolare, non saluta, è contrariato perchè Lin è seduta in mezzo a due baldi giovani, lo fulmino con lo sguardo, lo "stoppo", gli chiedo di uscire, togliersi quei cosi dalle orecchie, entrare di nuovo, salutare e chiedere scusa per il ritardo. Si stizzisce e ancora con le orecchie tappate mi fa cenno di non aver capito. Cala il silenzio. Finalmente con le orecchie libere mi fa dei gesti come a dire: Ma devo andare via? - No, esci, rientra e questa è l'ultima volta che puoi fare così -. Fisicamente è ridicolo, ha più di 20 anni ma è piccolo come un quindicenne, è firmato dalla testa ai piedi e porta capelli dritti come un marziano. Il cervello non lo usa. Nel caso ce l'avesse. Vorrei essere molto più dura con lui, ma conosco bene la mamma che è venuta a scuola per tanti anni e ancora non riesce a fare una frase corretta o a chiedere qualcosa: - sempre cucina io parlare cinese, solo lavare piatti.
E' una brava donna e questo figlio arrivato in Italia 4 anni fa, non ha certo voglia di lavorare quanto lei. A volte lei viene a salutarmi e mi porta qualche regaluccio: - perchè tu buona e stanca - dice. Io non so se sono buona o se non ho il coraggio di essere dura. Lei mi fa un po' pena e non voglio darle il dispiacere di cacciare suo figlio. Tony intanto chiede il numero di telefono a Lin che glielo dà, lo chiede anche a Genevieve che non glielo dà. Fatima viene vicino a me e mi dice che i ragazzi di questa generazione sono come Wang: - troppe cose compra la mamma, troppi soldi senza lavorare, mio figlio è con i nonni, ancora è bravo, dopo non lo so-.




(i nomi sono inventati, la situazione è più o meno questa)

sabato 1 novembre 2008

Autunno


Sarà l'autunno, saranno le notizie tristi che arrivano da qualsiasi fronte, sarà lo spleen, sarà il ritorno all'ora solare, sarà il buio delle cinque e mezzo la sera, saranno i giorni dei morti, sarà la fatica di esserci.

Non ho argomenti da scrivere sul blog. Mi sembra che uno sbadiglio pesante possa oscurare qualsiasi pensiero o notizia messi sulla pagina.

venerdì 24 ottobre 2008

Questi giorni neri di notizie


Un colore che si faccia largo in questo mare di nero

Non c'è.

Mi coloravo gli occhi delle magliette rosse e i piercing del corteo

ballavo con la musica sparata dal furgoncino di testa

mi annodavo nelle treccine rasta di alcuni

mi illuminavo con il brillantino sul naso dei più

mi infilavo negli scarponi pesanti slacciati di molti.

Poi una cantilena è volata sulla testa di tutti:

"Gelmini puttana Gelmini puttana"

Ho indirizzato allora i miei passi lontani dal coro

ho sentito nella mia testa frullare gli aggettivi del mondo.

Puttana. Con tanti altri a disposizione.

Niente cambierà.

Nemmeno questa volta.


(anonima)

giovedì 23 ottobre 2008

La Gelmini colpisce ancora

Su tutto il territorio nazionale, 1500 insegnanti in meno per i Centri Territoriali Permanenti. Gli adulti italiani e stranieri che frequentano i corsi, così, tanto per padroneggiare meglio la lingua, acculturarsi un po' con l'informatica e l'inglese, socializzare e inserirsi, dovranno rinunciare a bazzicare le scuole, se non sono interessati a prendersi un titolo d'istruzione formale. Vale a dire: licenza di scuola elementare (ma non era sparita?) e licenza di scuola media inferiore e superiore. Chi non consegue il titolo, va a farsi il corso che vuole presso un ente privato. Lo Stato non è più disposto a pagare i suoi insegnanti se questi non danno risultati visibili su carta bollata (questa c'è sempre?). Il credito culturale non è un titolo. Che dire? Il dibattito è aperto.

giovedì 16 ottobre 2008

ancora sul maestro unico

Accolgo volentieri l'intervento di un'amica insegnante a proposito del maestro unico.
Il team docente. Dalla parte di chi ha meno voce

Chi, come me, lavora nelle elementari da qualche decennio, ha vissuto i grandi cambiamenti della scuola, l’ha vista crescere “dal di dentro” – non senza fatiche e contraddizioni – mossa da una grande passione educativa.
La Scuola primaria ha nel tempo cercato di rispondere alle diverse esigenze poste dalle trasformazioni sociali con offerte di qualità, con riforme largamente anticipate da sperimentazioni (è il caso del tempo pieno e dell’insegnamento in team); i cambiamenti più significativi sono stati ampiamente sostenuti da corsi di aggiornamento, perché non si avesse a che fare con operazioni di superficie. E se l’OCSE ha ancora una volta riconosciuto i meriti della Scuola primaria italiana, significa che il suo modo di operare può, in molti casi, essere portato ad esempio.
Non è più tempo di maestri unici. La scuola del “tutti in riga, e che non si senta volare una mosca”, ha denunciato già nel secolo scorso la propria inadeguatezza all’interno del sistema formativo, e recuperare tale modello per proporlo come toccasana per i problemi che attraversano famiglia e società, mi pare alquanto rischioso: ogni segmento formativo deve assumersi le proprie responsabilità, e nel riconoscimento dei rispettivi ruoli, trovare forme di dialogo e di collaborazione.
La frontalità – io spiego e tu ascolti - non è sempre il metodo di apprendimento più efficace neppure per gli adulti. C’è bisogno di protagonismo e coinvolgimento, di accoglienza e gratificazione: i bambini non sono robot inanimati, con teste ad imbuto da riempire, e l’insegnante, per quanto motivato e professionalmente preparato, è un essere umano, con limiti di energia e di specializzazione.
L’apprendimento stabile richiede tempi distesi, un conoscere che passa attraverso il dialogo, il fare con le mani, il confronto con il gruppo, l’approfondimento individuale. Metodi che possono dare frutto solo se si sta bene a scuola con i compagni e con se stessi: questa è una delle più grande consapevolezze sulla quale agisce la scuola primaria.
Ma la scuola è parte integrante del sistema sociale, del quale accoglie e riflette limiti, complessità, difficoltà, ed anche povertà. Mi domando come possa oggi un insegnante unico “dare di più a chi ha di meno”, considerato che problemi di attenzione e disturbi del comportamento sono largamente diffusi tra gli allievi, e che la classe nel suo insieme non va trascurata. Si plaude all’alunno inchiodato al banco, ma talvolta il silenzio che lo rende invisibile all’insegnante è la maschera di un disagio enorme. Il team insegnante è più funzionale anche da questo punto di vista, perché i docenti hanno modo di confrontarsi sulle problematiche della classe e di condividere le strade da praticare, fornendo al tempo stesso testimonianza di democrazia, di rispetto e di collaborazione. Oggi più che mai c’è bisogno di imparare il dialogo costruttivo, di recuperare la forza della tolleranza, valori civili che non si fanno propri solo attraverso lo studio sui libri.
Si mette sotto accusa il tempo delle compresenze del team, come se si trattasse di uno spreco di risorse. La contemporaneità di due insegnanti, alquanto risicata nei moduli 4 docenti su 3 classi o 7 su 5 classi (organizzazione che prevale nella maggior parte dei paesi d’Italia), permette di lavorare su piccoli gruppi intervenendo in modo tempestivo sulle difficoltà di apprendimento degli allievi, favorendo l’integrazione degli extracomunitari e non.
Al tempo del maestro unico chi non reggeva il ritmo “normale” dell’ apprendimento veniva respinto o finiva nelle classi differenziali. La scuola primaria non deve permettersi di emarginare nessuno, neppure attraverso promozioni vuote di preparazione. È nostro dovere etico fare il massimo per ogni bambino, perché possa affrontare la vita con strumenti il più possibile flessibili ed adeguati (anche se questo è uno degli obiettivi finali del percorso educativo).
L’insegnamento in team, o l’inserimento nella scuola dei portatori di handicap, per fare un altro esempio, non sono “anomalie” della Scuola italiana ma conquiste civili, che più volte ci sono state invidiate dagli Stati esteri. Ovvio che la promozione del “ben-essere” ha un suo costo.
La scuola dev’essere il luogo privilegiato su cui investire, anche se non tutti i frutti hanno visibilità immediata. Ciò che oggi può essere letto come un risparmio in termini economici, potrebbe in un futuro prossimo rivelarsi un pessimo investimento: aumento del disagio sociale, dell’abbandono scolastico, mancata integrazione degli extracomunitari, crescita dell’analfabetismo di ritorno. Perché la formazione del Cittadino esige tempo, confronto, operatività, studio e passione, condizioni che la migliore scuola primaria rispetta.
Il mio timore per il maestro unico va soprattutto verso gli ultimi, quelli che meno hanno voce, ma che sono in continuo aumento: per loro la scuola è l’unica occasione di crescita e di riscatto.
È importante che la Riforma della scuola primaria sia condivisa con chi nella scuola lavora, e perciò la conosce bene. L’insegnamento in team dei docenti specializzati in tre ambiti disciplinari è un valore da salvaguardare, nell’interesse immediato e futuro. L’insegnamento in équipe favorisce la competenza ed è scuola di democrazia. E’ la soluzione organizzativa più funzionale per promuovere nel bambino la conquista di quel sapere non mnemonico indispensabile per muoversi con criterio nella società attuale. È la condizione migliore per far emergere le potenzialità di ogni bambino, anche di quelli che meno hanno voce.

Bertilla Bertesina – Scuola primaria di Ponderano


lunedì 29 settembre 2008

Senza parole

Niente che si possa dire, che si possa descrivere con le parole, può esprimere quello che ognuno di noi, qui in occidente, sente di fronte all'ennesimo omicidio di una donna in Afganistan. E proprio perchè non era una donna qualsiasi, la notizia arriva e ci spiazza. Delle altre, offese, esposte a ogni mancanza di rispetto, tappeti stesi perchè gli uomini di famiglia ci passino i loro piedi, di loro ne sappiamo ben poco. Echi lontani che diventano rumori insopportabili quando dobbiamo ascoltare notizie di questo genere. Sembra che fino a due anni fa, Malaila, portasse il kalasnikov sotto il burqa e viaggiasse sempre accompagnata da un uomo di famiglia per poter fare il suoi lavoro di poliziotta. Spesso la tragedia si avvicina moltissimo al senso del ridicolo. Poi ha deciso di togliere il burqa e le minacce alla sua persona si sono intensificate: sembra che ogni mattina trovasse una lettera di minaccia sulla porta, che lei toglieva prima che si alzassero i figli. Era a capo del Dipartimento dei crimini contro le donne e si impegnava perchè i soprusi venissero a galla e fossero puniti.
La sensazione è quella di impotenza. Nessuna strada aperta, nessun cambiamento all'orizzonte. Morti che servono solo ad accrescere il potere di maschi tronfi, frustati e religiosi. Tutto in onore di Allah! Sono stati i talibani ad uccidere, ma in una società dove anche i non talebani non vorrebbero mai che le donne fossero esseri umani uguali a loro.

sabato 13 settembre 2008

Religione e precari

La legge n° 186 del 2003 immetteva in ruolo nella scuola pubblica circa 25.000 (non sono sicura della cifra ma non sono di meno) insegnanti di religione cattolica scaglionati in tre contingenti: il primo dal 1 settembre 2005, l'ultimo dal 1 settembre 2007. Lo Stato Italiano con questa legge assolveva finalmente al compito che si era assunto con la stipula d'intesa fra il Ministero della Pubblica Istruzione e la Conferenza Episcopale Italiana, sancita con la legge n.°751/1985, in cui ci si impegnava a dotare gli insegnanti di religione cattolica di uno statuto giuridico appropriato.
Gli insegnanti di religione devono essere nominati dall'Ordinario del luogo per la propria diocesi e e devono essere "eccellenti per retta dottrina, per testimonianza di vita cristiana e per abilità pedagogica". Una volta entrati in ruolo, ( senza concorsi e abilitazione, pagati dallo Stato italiano) nel caso non dovessero comportarsi con "retta dottrina", il Vescovo competente territoriale, potrà esigere che vengano rimossi. In tal caso, poichè, questi insegnanti sono ormai a tutti gli effetti titolari di un contratto a tempo indeterminato, andranno a coprire le cattedre obbligatorie per tutti.
E qui l'anomalia di ordine giuridico, costituzionale, e le implicazioni di ordine sindacale, appaiono in tutta la loro gravità. Si arriva all'assurdo dell'esistenza di un canale di reclutamento scolastico parallelo a quello statale che va contro ogni principio di democrazia e di laicità dello stato. Ma la cosa ancora più grave è quella che prevede l'insegnante di religione anche nel caso vi sia la richiesta di un solo alunno. (Già, perchè nel 1989 e 1991 la Suprema Corte Costituzionale si era pronunciata a favore dell'insegnamento religioso come materia facoltativa. Il Ministero della Pubblica Istruzione allora aveva inventato la possibilità di mettere a disposizione dei ragazzi che non frequentavano le lezioni, alcune materie alternative. Sappiamo tutti poi come in realtà il funzionamento di queste ore sia stato totalmente alla mercè delle situazioni specifiche di ogni Istituto e mai definito con chiarezza).
Appare evidente quindi come il numero degli insegnanti di religione sia svincolato dal rapporto insegnanti-alunni, valido per tutti gli altri docenti della della scuola statale.
Il tutto assume un aspetto ancora più paradossale di fronte all'ultimo decreto Gelmini che vede la soppressione di ben 85.000 cattedre, il restringimento serrato dei fondi, nessuna prospettiva per le migliaia di precari.
Ma di cosa ci lamentiamo? La fede cattolica del popolo italiano e l'obbedienza dei suoi politici alle gerarchie ecclesiastiche, spianeranno per tutti noi corsie preferenziali per andare in paradiso.

mercoledì 10 settembre 2008

ATAF

Per chi non è di Firenze, ATAF è il nome dell'azienda dei trasporti urbani fiorentini. Entro in un territorio lontano dalle discussioni sulla scuola e gli stranieri (o collegato in qualche modo) perchè ho in testa una domanda che mi frulla da anni: perchè non si paga il biglietto a bordo?

L'azienda costantemente in passivo, con gli stipendi ai dirigenti in costante aumento, è sempre alle cronache perchè "non ce la fa". Ho preso l'autobus numero 35 per quattro anni, che per raggiungere una scuola in pieno territorio cinese, attraversava una piana nebbiosa ed umida abitata da disperati albanesi, marocchini, romeni, passava davanti a un centro Caritas che offriva i pasti e tutti fuori ad aspettare. L'autobus era sempre pieno di gente ammassata e mai che nessuno facesse un biglietto. Ogni tanto arrivavano due sceriffi, un fuggi fuggi generale alle fermate, qualcuno beccato, qualche documento controllato e relativa multa, i più disperati fatti scendere e - dice- portati dai carabinieri. Mai capito come facessero i due sceriffi a piedi a trovare i carabinieri in quelle lande. E' vero esistono anche gli abbonamenti, ma fra tutta quella gente, solo un dieci per cento teneva la carta nel portafoglio.
Prendo ogni tanto altri autobus, dove non si concentrano tante situazioni particolari, ma nessuno che timbri il biglietto. Avranno tutti l'abbonamento? Non credo.
Ecco, ma che cosa c'è di tanto scandaloso a far pagare il biglietto a bordo? In qualsiasi paese si vada, si paga il biglietto o al conducente o c'è un bigliettaio. O magari ci sono paesi dove la coscienza civile è così alta che tutti fanno il proprio dovere. Ma qui no. E anche dopo avere inventato la possibilità di comprare il biglietto dal conducente a prezzo più alto, spesso lui non ce l' ha. Non sono al corrente sulle trovate più recenti. Però domenica ho preso l'autobus, ho fatto dei giri incredibili per trovare tabaccherie aperte per comprare il biglietto, sono salita, ho timbrato, ho visto salire e scendere decine e decine di persone e solo un peruviano con una grade valigia ha tirato fuori il biglietto dal portafoglio e ha timbrato.
Mi sono stancata di leggere quasi tutti i giorni le lamentele dei sindacati e del Comune e della Provincia e via e via, sulle cattive acque in cui versa l'azienda nonostante i dirigenti siano sempre più pagati e le linee sempre più affollate e puzzolenti. Si parla solo di autobus in ritardo o lenti e anche questi non sono problemi da poco. Ma i biglietti?
O ci sono dei meccanismi diabolici per cui senza far pagare i biglietti ma facendo costantemente multe, l'azienda dovrebbe essere fiorente?
Che li mettano in rete i loro bilanci e si ritorni al sistema banale banale del bigliettaio a bordo e tutto sarà più semplice:
  • per le migliaia di turisti,
  • per i disperati che però fumano malboro e hanno i telefonini,
  • per i viaggiatori saltuari che vogliono comprare il biglietto e non sanno dove,
  • e per rispetto a quei pochi che coscienziosamente fanno l'abbonamento.

lunedì 8 settembre 2008

CTP da non scambiare con gli altri: quelli di detenzione

Ogni tanto provo a lanciare qualche segnale di fumo ai vari Centri Territoriali Permanenti sparsi un po' in tutta Italia, per sapere, avere notizie su cosa si fa e come ci si organizza, ma nessuno che mai intervenga. Parlerò un pò io del funzionamento del CTP al quale appartengo, di queste terre del "facciamo un po'come ci torna meglio".

Ai Ctp (istituiti con la legge 255 del ?97 (?))si rivolgono gli adulti italiani e stranieri che vogliono imparare, studiare, migliorare. In verità italiani ce ne sono ben pochi, quindi gli insegnanti dell'alfabetizzazione insegnano la lingua italiana. Gli insegnanti spesso sono profughi fuggiti dalla scuola del mattino, stanchi di lavorare.Vengono a riposarsi qui. In corso d'anno viene fatta una riunione ogni due mesi. La programmazione ognuno la fa, se la fa, come e quando vuole. Non esiste un progetto comune ai corsi, la didattica passa attraverso migliaia di fotocopie. I corsi essendo gratuiti dovrebbero rivolgersi agli immigrati e alle persone che spendono il loro credito culturale sul territorio, e agli italiani che intendono rientrare in formazione. Dico "dovrebbero" perchè qualcuno come fosse un libero professionista in una scuola privata, riesce a farsi il gruppone di livelli avanzati , studenti-studenti che vogliono prendere la certificazione europea a gratis (CILS) e poi caldi-caldi, se ne tornano nel proprio paese. Lavorare con gli studenti è molto meno faticoso che lavorare con gli immigrati principianti e poco scolarizzati. Nessuna regola sulle iscrizioni.
L'orario degli insegnanti è variabile, nessuno fa le 22 ore richieste più le due di programmazione. Quando ne vengono fatte quattro al giorno è grassa. Il Dirigente è lo stesso dell'Istituto Comprensivo e del CTP. Troppo oberato d'impegni, armato di buona volontà, ma sta alla buona fede di questo e di quello.
Questo anno, finita la scuola il sei giugno, consegna dei documenti verso il venti sbrigandosela in dieci minuti, si torna a scuola per una prima riunione l'otto settembre, viene fissato l'inizio delle iscrizioni per il quindici, (ognuno nella propria sede aspetta che quelle due o tre persone al giorno arrivino) e poi il primo ottobre dovremmo cominciare. Qualcuno obietta che potremmo cominciare anche il sei, l'accoglienza necessita di tempi lunghi. Da tener presente che la gente arriva in massa ad iscriversi quando sa che la scuola già funziona con gli studenti. Lo sottolineo, vedo occhiate di odio, ribadisco l'importanza del cominciare visto che due settimane sono più che sufficienti per accogliere quei pochi e leggere i giornali che vogliamo. Esplode un putiferio: come oso fare queste illazioni! - Parlo per me - dico. Ma insomma proprio davanti al dirigente, come oso! Il dirigente aspetta sornione che si calmi la rissa e poi chiede: - Allora il primo? - Si rispondo io, gli altri sbuffano e mi odiano. Ingordi!
Ah! Dimenticavo, abbiamo anche un POF, di due paginette, dove nessuna offerta viene chiarita e specificata, dove nessuna valutazione viene menzionata, dove chi legge non saprà mai esttamente che cosa si offre. Utilizzare il mese di giugno per riunirci, discutere e buttarne giù uno più articolato a cui attenersi anche come metodo di lavoro, sarebbe stato come lanciare spilli negli occhi dei miei amabili colleghi. E' bene che tutto rimanga vago perchè tutto si svolga in assenza di verifiche.
Tanto sono stranieri e non ci sono le famiglie rompiballe a controllare.
Insomma, io lavoro un terzo delle maestre della scuola elementare e mi lamento!
Con un decreto del 2007, sono stati istituiti I centri Provinciali per l'educazione degli adulti che sostituiranno dal prossimo anno i CTP. Come e in che modo, con quali soldi, ancora non è stato specificato. Sarà il solito calderone che farà comodo per piazzare qualche dirigente e dare magari qualche consulenza. Centri per accogliere l'abbandono scolastico, gli analfabeti di ritorno e anche gli immigrati. Tutti insieme. E di didattica e del "come" e "cosa" insegnare, ho la vaga sensazione, se ne parlerà sempre meno. Qui almeno, in altre province non so.

sabato 6 settembre 2008

Il maestro unico

Riportare la scuola elementare alla condizione di pre-riforma '85 non sarà stato un capriccio della ministra in carica, ma sicuramente un piano ben orchestrato dal governo per risparmiare sulla scuola pubblica e foraggiare le scuole private. Sempre più frequentate dai figli dei benestanti, in onore a che cosa non sappiamo bene (non certo ai contenuti), le scuole elementari private, spesso, hanno il maetro unico, più una serie di figure per la musica, la ginnastica, l'informatica. La scuola Americana, per esempio, a Roma, carissima e frequentata da figli di nobilastri, imprenditori italiani e stranieri ricchi e arricchiti, politici, attori i e chi più ne ha più ne metta, ha il maestro unico che svolge le proprie lezioni in inglese, i viaggi studio sono ricorrenti, le attività extracurricolari fanno parte del pacchetto. Stretta selezione in entrata per chi non è del giro. Che questi ministri conoscano solo le scuole private e non abbiano nemmeno idea di che cosa serva alla scuola pubblica? Che pensino che per noi poveri mortali basti un'infarinatura di tutto e che per restare disoccupati la cultura sia un lusso?Proprio ora con l'aumento dei bambini stranieri, ora che la formazione delle classi diventa il momento cruciale per lo svolgimento della didattica, in questo preciso momento storico, gli insegnanti della scuola pubblica dovrebbero avere più sostegni economici, didattici e più formazione. Invece si preferisce buttare tutto in un calderone, tanto i figli di chi governa non andranno mai nella scuola pubblica, meritevoli e non, faranno i loro percorsi in cornici dorate e poi all'estero, torneranno o non torneranno, un'attività sarà sempre loro assicurata. Ma la scuola pubblica, che dovrebbe rappresentare la vera base di partenza per una società democratica, è stata svenduta già prima di questo governo. Tanto i loro figli, sia di quelli di destra che di sinistra, vanno per altre strade.
P.S. Ho usato il maschile "maestro" ma sappiamo tutti che a scuola ci sono soprattutto le maestre.

lunedì 1 settembre 2008

Odore di scuola

Un tempo era il primo ottobre, adesso io comincio a sentirlo già dal primo settembre. Più che di aule, registri, bidelli, segreterie e colleghi, io comincio a sentire l'odore delle iscrizioni.
Cammino per strada, incontro il marocchino con le busta della spesa e penso: questo potrei ritrovarmelo in classe, o vedo il gruppetto di indiani, o incrocio la badante peruviana che tiene a braccetto una tremante signora e già li vedo seduti, dislocati per provenienza, con il quaderno aperto e il dizionario chiuso. Incontro il cuoco cinese, la cameriera giapponese, la signora egiziana con la testa coperta e il bambino in carrozzina, la ragazza ucraina con la cugina, mi dice: - questo anno viene lei, io trovato famiglia per lavoro- e in bicicletta, sulle piste ciclabili incrocio in motorino il domestico filippino, gli do un'occhiataccia, rallenta, mi dice - scusa signora, troppo tardi, scuola comincia quando?
E tutti con i buoni propositi di imparare tutto e subito. Molti restano finchè riescono a conciliare i tempi del lavoro e i tempi della scuola, alcuni se la svignano dopo un mese, un giorno. Riprovano l'anno dopo o si accontenteranno di quello che imparano per strada. Io rimango lì a fare il mio lavoro di paziente sartoria.

martedì 26 agosto 2008

Bontà


Nel torpore affettivo e nell'improbabilità di slanci in cui mi allungo sotto il sole estivo, mi sono ricordata di un bastone polveroso lasciato in bauliera. Lo avevo ricevuto in regalo da un'amica che lo aveva trovato vicino ad un cassonetto della spazzatura. Mi aveva a fatto comodo quando il mio ginocchio incidentato aveva cominciato ad andare per conto suo e mi era servito per spostare i rami del glicine che invece di attaccarsi alla loggia mia invadevano la scala di ferro della vicina del piano di sopra. Non che la cosa mi importasse molto, ma ogni volta che lei tagliava i rami invasori, una massa di foglie si depositava sul mio terrazzo e poi seccava e poi e poi...

Avere una pianta sul proprio terreno che poi preferisce abbellire altrove, non mi sembrava una bella cosa ma accettavo e mi limitavo ad usare il bastone qualche volta. Poi in un impeto di rabbia avevo fatto tagliare il tronco traditore, il ginocchio si era un po' ricomposto e il bastone era finito in macchina per qualche passeggiata in montagna "nonsisamai". Non sono mai andata a camminare in montagna. Un giorno ho incontrato una vecchina tutta curva che camminava appoggiandosi ad una stampella, portava a fatica un sacchetto della spesa e le ho chiesto se avesse bisogno di aiuto. Mi ha risposto di no ma ha cominciato a lamentarsi di suo figlio che la mandava in giro con la stampella, che avrebbe dovuto comprarle un bastone, se ne dimenticava sempre e lei non ci faceva certo una bella figura. Così ho trovato una collocazione utile per il mio bastone. Ed era proprio della misura giusta.

Intorpidita, mi sono sentita un po' più buona per tutto il giorno. Prima di addormentarmi ho cercato di ricordare dove avevo visto un negozio di articoli sanitari, ho provato a indovinare il prezzo medio di un bastone e sono scivolata nel sonno contando il punteggio al suono di: ok, il prezzo è giusto.

sabato 9 agosto 2008

Cattiveria


Avevo la radio sintonizzata su Radio Blu o qualcosa del genere. In macchina su in montagna, ogni cinque minuti il "search" sul display dice che le onde (le onde? Boh!) non arrivano. Cerco un'altra stazione, sento qualcuno che legge una notizia graffiata dall'ondeggiamento: un cane, torturato, sodomizzato, seppellito....Non ce la faccio, spengo. Mi viene da vomitare. Mi fermo, scendo.

Il peso, il peso che ogni giorno dobbiamo sopportare, il peso delle notizie che arrivano dal fronte della cattiveria. E a volte la paura di essere vittime dei cattivi, e la paura di diventare un giorno cattivi. Noi stessi.

Se un essere umano può torturare, violentare, uccidere. In guerra e in pace. Se può compiere tutti gli orrori di cui ogni giorno veniamo a conoscenza, allora la materia di cui siamo fatti è impastata con terra andata a male. Da sempre.

lunedì 4 agosto 2008

vacanze


Il mio blog d'estate va in letargo. Io sono in mezzo a boschi e foreste dove internet fa fatica ad arrivare. E in mezzo alla natura abbiamo organizzato un corso di scrittura creativa. Non voglio raccontare niente, mi piacerebbe che parlassero le persone che sono intervenute. Magari anche loro, dopo lo sforzo intellettuale estivo, saranno partite per altri pianeti.

Bene. Io me ne vado. Vi aspetto anche a settembre.

venerdì 25 luglio 2008

Di ritorno


In giro per le campagne senesi, torno a scrivere qualcosa adesso prima di ripartire verso altre campagne dell'aretino. Sono stata per una settimana ad un corso di scrittura narrativa organizzato dalla rivista "Inchiostro" di Verona e ho conosciuto una ventina di persone provenienti da varie parti d'Italia.

Venti persone sono troppe per un solo docente. Dieci sarebbe stato il numero giusto, l'insegnante avrebbe avuto un contatto più diretto con gli studenti, le esercitazioni avrebbero avuto una correzione meno generica, i testi sarebbero stati analizzati nella loro struttura.

-Tutti bravi, tutti di ottimo livello, delizioso quello, un po' meno questo - diceva lui rivolgendosi alla "classe" e ascoltando i testi prodotti - e per pronunciare quel "tutti"si sforzava un pochino pensando già ai clienti del corso successivo. E le ragazzine poi, quanto erano più "fresche" di noi, un po' attempatelle! Eh si! la freschezza è la freschezza! E l' insegnante, quanto avrebbe preferito avere solo personcine "fresche" da accudire durante i tuffi nelle trame. L'organizzatore poi, avrebbe diviso con loro anche i cinque coni gelato che si mangiava ogni giorno. Se loro avessero voluto.

Ma gli affari sono affari. Tra occhi al cielo e passaparola mirati, doppi sensi e maldicenze, i due amici, anche loro non certo di primo pelo, hanno dovuto passare una settimana, ahimè, a nutrirsi solo di parole. Anche noi, le attempate e gli attempati, ci siamo nutriti di molte parole, un po' di maldicenze e qualche amicizia nata sul posto.

I corsi di scrittura sono così. Materiale umano con cui ricamare le trame.

venerdì 11 luglio 2008

Amo Di Pietro

Potrà sembrare il post di un'adolescente esaltata, ma quando penso a Di Pietro , mi viene di parlarne così.
Mi pacciono tutte le cose che dice e come le dice. Mi piace il suo italiano imperfetto (l'espressione "che c'azzecca" l'ho sentita per la prima volta da lui e l'ho trovata calzante più di cento parole eleganti), perchè la forma è anche il contenuto di quello che dice: corposa, materiale, ricca di esempi, diritta al cuore dell'interlocutore.
E mi piace tutto di quello che fa. Perchè lui non solo parla, ma fa. E quando fa, si sente l'uomo a cui nulla è stato regalato. Mi piace il suo "sudore", il suo "essere" che riscatta noi tutti dal dolore quotidiano di essere governati da questa classe politica. Qualche anno fa l'ho incontrato al mercato di S.Ambrogio con un megafono e un banchino. Stava pubblicizzando il referendum... (adesso non ricordo quale), gli sono andata vicino e come un'ombra spiavo i suoi movimenti e ascoltavo la sua voce. Naturalmente lo trovavo anche erotico. E la sua foto sul trattore, mi ha fatto impazzire. Ci manca solo che metta il suo poster nella mia cameretta e gli scriva letterine adoranti. Se avessi 15 anni farei anche questo.
Mi è piaciuta la manifestazione di Roma. Ho gioito ascoltando Travaglio e la Guzzanti. Finalmente qualcuno che diceva papale papale quello che tutti sanno ma non vogliono o possono dire. E lui, Di Pietro era là, in maniche di camicia, a dire quello che gli educandi della politica, così carini, così salottieri, tra un apertivo e una convention, non potrebbero mai dire. Viva Di Pietro!
Esisterà già un fan club? Adesso mi informo.

giovedì 10 luglio 2008

Gli animali e l'estate


Se dovessi condensare l'estate in un suono, non sarebbe il rumore del mare ma il frinire delle cicale nei caldi pomeriggi vuoti quando l'ombra dei grandi abeti in giardino non basta a dare sollievo. Il loro frinire è come un muro sonoro, un argine compatto senza cunette o dossi, una protezione virtuale dal caos interiore. Basta sintonizzarsi e adagiarsi, le cicale non smettono, unite in questo inno quotidiano. E spesso mi sono chiesta: ma quante sono? Non potrebbe essere un unico frinire? Troppo pigra per controllare qualche fonte scientifica mi chiedo che differenza "fisica" ci sia fra una cicala e un grillo. Il canto diverso uscirà pure da un corpo diverso. Sono cresciuta in campagna eppure non so come si fatto un grillo e nemmeno una cicala. Uno lo immagino marrone con la bombetta in testa come il grillo di Pinocchio, una la penso verde con le ali trasparenti. Il cri cri del grillo è come un tarlo nella testa, il frinire è un frullo, un vento sempre uguale. Per me l'estate è un vento caldo che affanna quelli che non partono, quelli che rimangono in città con i vestiti spiegazzati, la pelle bianca e la sera escono per mangiare un gelato.

Io ho un gatto, o meglio la mia vicina ha un gatto ma io ho fatto di tutto in questi anni perchè stesse qui nel mio giardino e in casa. E lui passa molto tempo con me, ma non in estate. Quando comincia a fare caldo, lui diventa un altro, se viene e miagola, miagola così forte che sembra stia succedendo qualcosa di grave, ha un muso "estivo", meno rotondo e più pensieroso. Mangia i croccantini nella sua ciotola e poi svelto svelto sale sul muro che divide il mio giardino dal suo e se ne va. L'inverno invece mangia e poi mi sale addosso se sono seduta, fa un po' di pane sulla mia pancia, poi zitto zitto va in camera e sale sul letto. Se è un po' arrabbiato invece sta sopra una sedia magari scomoda perchè lui è molto grosso. L'estate lo tiene lontano, chissà se sotto una pianta o in casa della sua padrona.

Nel mio giardino la notte c'è anche qualche lucciola. Quando i mattoni della terrazza smettono di emanare calore e le ombre degli alberi e delle piante bruciate dal sole, diventano un nero profilo, le lucciole punteggiano qua e là il fresco della sera. Chissà se ancora c'è qualcuno che imprigiona le lucciole sotto un bicchiere, le lascia soffocare e poi la mattina mette dentro al bicchiere un soldino. Una sorpresa per i bambini. Una crudeltà in regalo. Per i bambini che a volte legano i barattoli alla coda del gatto, tagliano a metà le lucertole, chiudono le ranocchie dentro una scatola. E gli adulti ridono e si compiacciono delle belle trovate dei loro frugoletti.
Siccome adesso ci sono meno lucciole penso ci siano meno aguzzini. Delle lucciole e solo di queste.
Sui muri arancio della mia cucina stazionano da un giorno all'altro dei farfalloni neri notturni. Non ho capito se entrano per ripararsi dal giorno e poi rimangono perchè si trovano bene, o se entrano in attesa che arrivi la notte per passarla comunque abbarbicati al muro. Il primo farfallone che è arrivato mi ha fatto pensare al detto di mia nonna: "farfallone (o moscone?) novità o persone", ho aspettato trepidante, non è successo niente. Poi ne sono arrivati altri e sono ripartiti. L'unica novità è che da una settimana convivo con dei farfalloni allungati sull' arancio della mia cucina.
(Immagino che queste storie sembrino insulse e non interessino a nessuno. Ma questo è quanto.)




martedì 1 luglio 2008

Stranistranieri estate. Corso di scrittura creativa


E siamo arrivati quindi a fare i conti con le iscrizioni di chi vuole buttarsi in questa esperienza estiva. Non siamo moltissimi ma può andare. Il corso non insegnerà certo come diventare scrittori famosi ma offrirà degli strumenti che serviranno a modulare e forgiare meglio le capacità, la voglia di scrivere e il talento di ognuno. La cornice naturale poi sarà qualcosa che darà maggiore risalto alle "fatiche" mattutine. La piscina e la cascatella sull' Arno in mezzo a pioppi, abeti, larici, lecci, rinfrescheranno gli spunti e le ispirazioni per scrivere storie. La sera fa quasi freddo, bisogna uscire con felpe e giacchina, le occasioni all'aperto sono tante, c'è solo l'imbarazzo della scelta. E chi già scrive e ha materiale chiuso nei cassetti può cogliere l'occasione giusta per leggerlo ed avere dei riscontri.

lunedì 30 giugno 2008

Stranistranieri estate (vanità)


Non incontro più gli studenti a scuola, qualcuno mi manda un messaggio, qualcuno telefona, altri non li vedrò più. Alla festa di fine anno (a casa mia) alcuni erano veramente ubriachi, una delle mie due poltrone gialle, anni 5o, è stata macchiata irrimediabilmente con il vino. Mi ripropongo ogni anno di tenere fuori la mia casa e alla fine sono tutti qui. Abbiamo provato (noi savi) a smacchiarla con il sale, ma non c'è stato niente da fare. Abbiamo ballato e cantato a squarciagola "Non ti scordar mai di me" di Giusy Ferreri (?) e abbiamo mangiato delle meringhe provenienti dall'Ucraina. Qualcuno piangeva. Quello che ha macchiato la poltrona ha continuato come un nastro registrato a chiedere scusa mentre si versava Chianti Gallo nero. E io adesso ho traslocato nella casa in campagna vicino al fiume dove continuo però ad incontrare stranieri. Romeni e polacchi, molti adolescenti, un bambino macedone di 11 anni bello rotondo che ogni giorno, verso le due, fa due chilometri a piedi e viene alla cascata a fare il bagno. Siccome lo incalzo con le domande, mi racconta, un po' stupito (dell'interessamento), di quando andrà in Macedonia, a trovare i parenti e porterà le mucche al pascolo. Mi ha detto anche che non gli piace scrivere, che la maestra lo butta sempre fuori e che un giorno ha infilato un compagno nel cestino della carta. -Ma ci voleva entrare lui - ha precisato, però poi la maestra si è arrabbiata solo con lui. Farà la prima media a settembre e dice che farà tanto casino. Parla l'italiano senza nessun accento, anzi si, con l'accento del Casentino.

venerdì 13 giugno 2008

Per chi si accalora all'argomento

Perchè le donne salvino la faccia e il loro futuro c'è anche la clinica specializzata in ricucitura di imene. Sempre in Francia e forse anche in altri paesi. Dopo anni e anni di battaglie e conquiste bisogna ancora sentire queste stronzate. Non c'è salvezza. Gli uomini più sono religiosi più raccontano e vogliono bugie, le donne si organizzano per raccontarle nel miglior modo possibile. Non era questo che avevamo immaginato: chirurghi plastici gonfi di quattrini e donne che vivono ancora nel mito della purezza per costruire un futuro con uomini che possono essere sporchi quanto vogliono. Dio come mi fa schifo tutto questo!

L'insostenibile leggerezza dell'essere

Andavo in motorino con la gonna sopra le ginocchia e una camicetta scollata che lasciava intravedere una spallina del reggiseno. Mi sono fermata in un distributore e l'omino di turno, niente male, mi ha detto che ero davvero sportiva che raramente vedeva una donna sportiva così. L'ho guardato aspettando che mi uscissero le parole giuste per rispondergli, non capivo se mi stesse facendo un complimento o se volesse dire qualcos'altro. Non mi è uscito niente, ho fatto benzina e sono ripartita.
E mentre guidavo il mio scooter 125, per i viottoli di campgna che costeggiano la pista dell'aereoporto e guardavo le case diroccate abbracciate dai rovi e dai rami di fico, ho pensato che sarebbe bello attraversare la vita con i piedi appoggiati su un mezzo di trasporto e il vento nei capelli. Senza scendere mai. Semplicemente fendere l'aria, riempirsi le narici del profumo di erba tagliata, scambiare qualche battuta con il benzinaio di turno e basta. Essere proprietari di un corpo vuoto e di una mente che si nutre solo di profumi.
Invidiata dai più perchè già in vacanza, questi erano i miei pensieri alle 5 di un pomeriggio senza scuola.

venerdì 6 giugno 2008

Finita la scuola!


Tutti dispiaciuti hanno portato cibi e bevande, piatti di plastica (eh si!) bicchieri anche e grande tavolo apparecchiato con tantii banchini uniti. Involtini primavera e salse di frutta, ravioli fritti e pollo a palline, ciliege a volontà e una torta di fragole e crema che da quanto era fresca facevamo fatica a metterla nei piatti. E poi le foto, con la stessa posa e le macchine diverse e i ringraziamenti a me perchè mi ha detto il ragazzo delle tartarughe - io piace te - e poi ha detto di aver detto la stessa cosa a una donna olandese al bar. Lei avrebbe risposto - io quarantacinque anni, io vecchia - e lui - si però bella - Insomma appuntamento a ottobre con i volenterosi ripetenti e i nuovi arrivati.

giovedì 5 giugno 2008

Ancora di veli si parla

Rischiando ancora una volta che il dibattito sulla questione sia circoscritto a me e ad Alfonso, non posso comunque esimermi dal raccontare un episodio che ho letto stamattina.
A Macerata una donna afgana con figli minori, è stata presa a pugni e calci dal marito perchè "pretendeva" di non portare il velo in casa. L'ennesima aggressione, come è riuscita a raccontare alla polizia dopo essere stata dimessa dal Pronto Soccorso. E il fatto sarebbe passato sotto silenzio se i vicini non avessero sentito le grida e le ferite non fossero state così profonde. La donna, interrogata dagli agenti ha deciso di confessare. Cosa succederà adesso? Dovrà tornare in famiglia? Oppure il marito sarà allontanato dal tetto coniugale come prevede la legge italiana e la donna sarà esposta alle persecuzioni dei parenti? Qualsiasi cosa succederà per lei e per i suoi figli sarà terribile gestire il possibile cambiamento. Ma che almeno queste esplosioni servano ad intraprendere il cammino -lunghissimo- verso la possibilità che simili reati ad opera di mariti violenti, vengano puniti secondo le leggi civili dei paesi ospitanti e che il silenzio obbligato delle donne nel paese di origine sia riscattato dai diritti acquisiti come immigrati regolari "e integrati nel territorio" (come recita il trafiletto su La Repubblica) e dal diritto di essere "persone" regolari e non.

lunedì 2 giugno 2008

Le vergini

Nella Francia laica, una sentenza del tribunale dà ragione a un musulmano, ingegnere di trenta anni, che ripudia la moglie perchè la prima notte ha scoperto non essere più vergine. La donna viene ricondotta subito a casa dei genitori, la separazione è immediata e si chiede subito l'annullamento sulla base di un articolo del codice civile che include la menzogna come motivo determinante. Grande scandalo nella società civile progressista, le associazioni di donne insorgono, una rivista giuridica analizza la questione: la sessualità invece di essere un fatto libero e privato, rientra, in questo modo, nella sfera pubblica sottoposta ai principi religiosi e al verdetto dei tribunali civili.
Tremo al pensiero dell'umiliazione subita dalla ragazza, al suo ritorno in famiglia e al suo stare lontana da quella dell' "ingegnere". Ma se il tribunale non avesse concesso l'annullamento, lei sarebbe dovuta tornare a casa di quel "prestigioso" marito? E lui l'avrebbe ripresa? E lei sarebbe rimasta? Questa possibilità mi sembra ancora più orrenda.
Una larga fetta di popolazione femminile nella civile Europa è ancora a segnare il passo sul viottolo che congiunge la casa paterna al talamo coniugale e il tutto avviene in silenzio, a parte qualche caso "incidentato" che arriva alle cronache.

sabato 24 maggio 2008

La faccia nascosta


E' di oggi la notizia che un poliziotto, o qualcuno in divisa non si è capito bene, ha fermato, a Firenze, due donne egiziane di cui si potevano vedere solo gli occhi. Il poliziotto avrebbe detto gentilmente che qui in Italia si deve camminare a viso scoperto. Grande levata di scudi da parte di tutte quelle organizzazioni che si ergono in difesa anche di una foglia un po' smossa nel caso copra qualcosa ritenuto religiosamente scabroso. Grande trauma subito dalle due donne che avrebbero esclamato: se avessimo saputo non saremmo venute in Italia! Fra le grandi possibilità di scelta che avrebbero avuto, non sarebbero venute in Italia!
Basta! Basta con questa informazione che strumentalizza tutto e si impietosisce per qualsiasi puntura di zanzara. In Italia si viaggia a viso scoperto. La testa può essere coperta ma il viso no. E allora? Se io andassi in Egitto con una minigonna per strada, qualcuno mi si avvicinerebbe e sicuramente non sarebbe così gentile. In Marocco, qualche anno fa a Fez, io e un'amica, vestite di tutto punto, siamo state prese a sassate da alcuni ragazzotti, perchè abbiamo osato andare - due donne sole! - a vedere un sito archeologico un po' fuori mano. In Algeria, alle sette della sera, vestitissima, uscita da sola in pieno centro per fare un giro e rientrare in albergo sicuramente prima di cena, mi sono vista accerchiata e braccata da uomini che spuntavano da tutte le parti. Ce l'ho fatta a tornare indietro, chiudermi in camera e trovare la mia amica in lacrime perchè molestata dal portiere. In Iran, prima che tutte le donne, straniere e non, fossero obbligate a indossare quel cencio nero, siccome osavo entrare nei bazar a testa scoperta, un uomo dopo l'altro, si avvicinava al mio amico iraniano e gli consigliava di portarmi fuori da quel luogo sacro (perchè c'era la moschea). Sempre in Marocco, io e la stessa amica, se volevamo dormire in alberghetti economici, dovevamo dormire con il tavolo o l'armadio appoggiati contro la porta. E' la loro cultura, rispettiamola. Ma anch'io voglio il rispetto della mia cultura attraverso l'osservanza delle leggi che ci sono qui. E qui la faccia deve essere scoperta. Quella degli uomini e quella delle donne. E scusate se sono incazzata.

venerdì 23 maggio 2008

The writer



"You may think novelists always have fixed plans to which they work, so that the future predicted by chapter one is always inexorably the actuality of chapter thirteen. But novelists write for countless different reason: for money, for fame, for reviewers, for parents, for friend, for loved ones, for vanity, for pride, for curiosity, for amusement: as skilled furniture-makers enjoy making furniture, as drunkards like drinking, as judges like judging, as Sicilians like emptying a shotgun into an enemy's back. I could fill a book with reasons, and they would all be true, though not true of all. Only one same reason is shared by all of us: we wish to create worlds as real as, but other than the world that is. Or was." John Fowles, "The french lieutenant's woman".

giovedì 22 maggio 2008

Donne in Turchia

lunedì 19 maggio 2008

In prigione


Quando ho conosciuto Alì nel carcere ad ordinamento speciale di Empoli (ma non era questa la definizione esatta, c'era qualcosa di speciale ma non ricordo cosa) lui aveva 25 anni ed io "qualcuno" di più, lui era Rom ed io ero l'insegnante d'italiano. Originario del Montenegro, era in Italia da molti anni e non aveva mai trovato il tempo di frequentare un anno scolastico per intero perchè dall'età di sette anni era sempre entrato ed uscito dal carcere minorile di Via della Scala. Sapeva leggere ma era sgrammaticato, non sentiva gli apostrofi, non metteva le doppie, le acca poi non ne parliamo. Ed era quasi sempre il mio unico studente perchè gli altri iscritti frequentavano il corso di giardinaggio, quello di falegnameria, rilegavano la carta e figuravano iscritti in tutti gli elenchi (sembra sia questo il sistema per chiedere ed ottenere fondi). Gli orari dei corsi più o meno coincidevano. Ali aveva trascorso lì gli ultimi quattro anni e sarebbe uscito nel giro di qualche mese se qualcuno avesse garantito per lui. Arrivava in classe (si fa per dire) scortato da una guardia con il quaderno e la penna in mano, ma invece di scrivere amava raccontare la storia dei suoi furti. Mi descriveva le villette in collina, le gronde su cui si arrampicava per salire ai primi piani, gli attrezzzi che usava per aprire le porte e le finestre, le scarpe perdute per scappare, i cancelli appuntiti che gli strappavano i pantaloni. E i taxi. Sembrava non avesse mai preso l'autobus. Non conosceva le strade e i percorsi perchè il tassista sapeva fare benissimo il suo mestiere. Anzi, mi diceva, che la mattina dalle parti del campo nomadi c'erano sempre gli stessi tassisti. Clienti abituali, i Rom, sembra vadano molto d'accodo con i tassisti. Alì, sempre pulito e ordinato, mi raccontava di essere più civilizzato degli altri, perchè aveva passato tanto tempo in carcere, aveva conosciuto tante assistenti sociali, aveva imparato ad usare bene le posate e a fare la doccia anche tutti i giorni. Diceva di non riconoscersi negli altri, si sentiva diverso e anche un po' sfortunato perchè era nato in mezzo a gente così. Il suo ultimo furto di gioielli lo aveva fatto in una villa verso Monte Morello, i gioielli erano tanti, lui aveva riempito una sacca e mentre sgattaiolava da una finestra erano arrivati i padroni di casa ed era stato immobilizzato con la refurtiva. L'assistente sociale stava preparando le carte per farlo uscire ma c'era bisogno di qualcuno che lo ospitasse e che avesse un reddito anche minimo, poi lui avrebbe dovuto frequentare la scuola Edile del Comune per imparare un mestiere e il pomeriggio andare a scuola e predere almeno la licenza elementare (esisteva fino a pochi anni fa). Per la casa (diciamo così) firmò la sorella che abitava in una roulotte e faceva le pulizie in un ambulatorio privato. Per la scuola Edile si adoperò l'assistente sociale e per la scuola mi impegnai io. Quando uscì, io non insegnavo più in carcere, avevo una classe in una scuola del centro storico e speravo di riuscire ad inserirlo in qualche corso serale. Andai a trovarlo al campo nomadi e mi ospitò in una roulotte tutta tappeti e parabola sul tetto, le fontanelle del campo scrosciavano e nessuno le chiudeva, i fili elettrici dondolavano sui tetti freddi e collegavano cavi e cavetti di condizionaori e stufe elettriche. I bambini sguazzavano nelle pozzanghere e lanciavano in aria vestitini e maglioncini che qualcuno amorevolmente aveva lasciato al cancello per gli zingarelli. Alì mi propose di fare un giro con la mia macchina, avrei guidato io ovviamente, anche se lui -disse-era capace di guidare perfino una Mercedes. Gli chiesi dove volesse andare e mi portò sulle colline di cui conosceva ogni segreto. Avevo la strana sensazione di essere in un posto che non avrei dovuto occupare, ma Alì mi divertiva. Nella sua tragedia era divertente. Lo portai anche a vedere la scuola che avrebbe dovuto frequentare e la fermata dell'autobus dove doveva scendere. Il tempo dei taxi era finito, tutte le sere sarebbe dovuto andare a firmare dai carabinieri e doveva andarci in autobus, l'abbonamento era a carico del Comune. Ci salutammo sul cancello del campo nomadi dandoci appuntamento per il lunedi alle cinque a scuola. Il lunedi non si presentò, il martedi mattina l'assistente sociale mi disse che grazie a nuovi accordi con il giudice sarebbe stata sufficiente la frequenza alla scuola Edile, bastava che all'uscita e prima di rientrare al campo, andasse a firmare. Il telefonino non era ancora nelle tasche di tutti e lui non aveva il numero di casa mia, lo chiamai al campo dove una specie di portiere alloggiava tutto il giorno in un gabbiotto, ma nessuno sapeva niente. Sulla cronaca di Firenze dopo alcuni giorni, vidi la sua foto, lessi qualche pezzetto della sua storia e la notizia della sua morte per overdose. Non avevo mai pensato che nella sua vita ci fosse anche la tragedia della droga. Lui non ne aveva mai parlato.

Ciao Ali.

domenica 18 maggio 2008

Pranzo di matrimonio


Tempo fa sono stata invitata al pranzo di un matrimonio cinese a Prato. Il ristorante è uno dei più grandi ed ha la facciata a forma di pagoda. Sono arrivata a mezzogiorno e mezzo ma c'erano solo i camerieri, mi hanno detto "aspetta un po'" e mi hanno fatto entrare in una sala con sei tavoli rotondi tutti apparecchiati con tovaglie rosa. Ogni tavolo aveva dieci piatti, in ogni piatto c'era un'aragosta (o così mi sembrava), in mezzo al tavolo, in un vassoio ovale c'erano dei riccioli grigi e non capivo se fosse una verdura o una decorazione non commestibile, dei gambretti rosa facevano capolino qua e là. Mi guardavo intorno e mi sentivo un po' sotto osservazione.
In fondo alla sala, vicino ad una tenda di velluto rosso, c'era un tavolo lungo e stretto con due quadernoni aperti di carta di riso e impilate una sopra l'altra, almeno cinquanta stecche di Malboro divise in più file. Sono andata verso la finestra e ho visto sulla mia destra appoggiato su un tavolo e illuminato con lucine intermittenti, un veliero gigante, le cui vele sembravano di marzapane.
Mi sono avvicinata per capire che razza di istallazione fosse e allora mi sono accorta che la sagoma di veliero era data da tanti recipienti issati su una struttura rigida, contenenti una pasta bianca spugnosa ornata di canditi. Ho pensato subito che se quella fosse stata la torta nuziale, sarebbe stato ben difficile tagliarla e fare le foto. Intanto erano arrivati alcuni ragazzi con giacca e cravatta, due hanno preso le sedie e si sono seduti davanti ai quadernoni, un altro ha cominciato a contare le sigarette.
Sono uscita sul piazzale e finalmente è arrivata una Mercedes nera seguita da altre macchine. Dal sedile posteriore della Mercedes è scesa la ragazza che mi aveva invitato e lo sposo che io non avevo mai visto. Lei aveva un vestito di tulle bianco con un lungo strascico, in testa una coroncina di fiori bianchi e in mano una borsettina di paillettes. Lui era vestito di blu con una cravatta rossa. Mi facevano pensare agli sposi piccini che si mettono in cima alla torta. Tutti sono andati verso i tavoli, le donne si sedevano ma gli uomini si disponevano in fila davanti al tavolo con sopra i quadernoni e le sigarette. Ho pensato che ci fosse, abbinata al matrimonio, una rivendita abusiva di tabacchi, ma poi ho visto che ognuno di loro tirava fuori dalla tasca biglietti da cento euro, li metteva sul tavolo, il ragazzo seduto registrava il nome, faceva firmare e poi gli dava due, tre pacchetti di sigarette.
Ero sempre più confusa. Conoscevo solo la sposa e lei era circondata da amici e parenti e forse non mi aveva nemmeno visto. Mi sono seduta al tavolo più vicino all'uscita pensando anche ad una possibile via di fuga. Finita la consegna dei soldi, chiusi i quaderni, tutti si sono seduti e hanno cominciato a mangiare la bestia che avevano nel piatto. Al mio tavolo si sono sedute due ragazze cinesi e due bambine. Le bambine parlavano italiano, mi hanno detto che frequentavano la scuola elementare.
Mangiavano contente l'aragosta e ogni tanto guardavano me che non sapevo da che parte cominciare, poi ho chiesto cosa fossero quei riccioli e mi hanno risposto che erano lingue di anitra essiccate. Ho preso qualche gamberetto, ma tutto era freddo e speravo che arrivasse qualcosa di fumante. Altri vassoi con altri crostacei e frutti di mare venivano appoggiati in mezzo alla tavola, le bamine si servivano e mi chiedevano "buono"? ma per me che sono abbastanza vegetariana, era uno sforzo enorme mangiare quegli animali freddi che puzzavano di mare, senza nemmeno una salsa . Finalmente è arrivata una zuppiera fumante. Pensavo fosse una zuppa di verdura, ma quando stavo per servirmi, mi hanno spiegato che si trattava di brodo di tartaruga con pezzi di tartaruga. Ho abbandonato il ramaiolo e ho cominciato a spelluzzicare un gamberone. Pensavo con piacere a quando avrei assaggiato un pezzo della torta psichedelica, che almeno sicuramente, sarebbe stata dolce, ma, ahimé, quando il pranzo stava per finire e mi sono voltata verso il veliero, ho visto che mancavano già diverse vele oltre alla prua, ed era assediato da uomini e donne che tagliavano un pezzo, lo mettevano in un sacchetto di plastica e se lo portavano via. Una bambina mi ha detto che la busta avrei dovuto chiederla al cameriere e io: " ma perchè portano a casa la torta? " " perchè qui abbiamo mangiato tanto, la torta domani". La sposa intanto era andata a cambiarsi ed è entrata nel salone con un vaporoso abito viola. Il marito è rimasto con gli stessi vestiti, tutti applaudivano, qualcuno ha portato un limone infilzato di stecchini per gli sposi che, vicini con la bocca, dovevano sfilarli ad uno ad uno senza far cadere il limone. Ho tirato fuori la mia macchinetta fotografica, il veliero ormai era stato spolpato ed io non avevo nemmeno una foto. La sposa è venuta a salutarmi e mi ha portato un pezzo di torta dentro il sacchetto perchè una delle due bambine era andata a dirle che io ero rimasta senza.
Quando i camerieri hanno cominciato a portare il vino e i superalcoolici (perchè durante il pranzo non c'erano bevande in tavola), sono andata dalla sposa, l'ho baciata, l'ho ringraziata, ho stretto la mano all sposo e piano piano ho guadagnato l'uscita.

I soldi consegnati agli uomini dei quaderni costituiscono il regalo, che verrà poi contraccambiato con una cifra superiore a quella offerta non appena se ne presenterà l'occasione, cioè un altro matrimonio. Le sigarette, sono le bomboniere. Me lo ha spiegato una bambina sottolineando che io non dovevo fare questo regalo perchè sono italiana, ma la bomboniera, potevo prenderla.
In macchina, ho tirato fuori il pezzo di dolce, l'ho addentato e mi sembrava pieno di aria. Era zuccherato appena appena e di canditi nemmeno l'ombra.
Chissà cosa avrà raccontato ai suoi amici, la signora cinese che diversi anni fa ho invitato al matrimonio di mia sorella.

sabato 17 maggio 2008

Di notte


Zu mi ha detto "telefono mamma" e io ho chiesto "come sta tua mamma?", lui ha risposto ridendo (perchè i cinesi quando nominano qualcosa di brutto ridono, vedi post sulla mafia) che mamma male occhi problema lavoro. Ho chiesto "che lavoro fa?" Lui è andato alla lavagna, ha cercato un gesso e ha disegnato qualcosa di rotondo con due zampette. Mi sembrava di aver capito e ho detto "lavora con i maiali?" "No maiali" poi con le mani ha fatto un gesto lento verso terra e allora ho avuto un'illuminazione "tartaruga?" e ho fatto il mio disegno alla lavagna. Lui ha ha detto di si. Il probema era capire che tipo di lavoro faceva la mamma con le tartarughe. Ho chiesto "quando lavora la mamma?" Ha risposto papà e mamma lavora la notte alle tre fino mattina alle sette poi dorme 5 ore poi mamma cucina, papà beve birra, guarda tv. Insomma tutti abbiamo capito che i suoi genitori la notte vanno a pescare le tartarughe e la mattina le vendono ai ristoranti. Anche lui in Cina faceva questo lavoro, però la sera, prima di andare in mare, andava in discoteca con amici. Una tartaruga si vende a tre euro, la zuppa di tartaruga costa 20 euro. Lui faceva il conto direttamente in euro, a me la zuppa sembrava un po' cara, però lui diceva "buona stomaco". Avrei voluto chiedere tante cose sulla notte in mare a prendere le tartarughe. E' illegale? E' più facile prenderle di notte che di giorno? Ma in classe non c'erano cinesi capaci di capire e tradurre, così ognuno ha immaginato un po' quello che voleva. A me sembrava di vedere la Provvidenza dei Malavoglia sbattuta dalle onde contro un cielo nero e senza stelle, la casa del nespolo perduta per mandare il figlio in Italia e il debito dei lupini da saldare notte su notte, tartaruga su tartaruga.

lunedì 12 maggio 2008

Ricongiungimento


Stamattina mentre guidavo verso Firenze, stando attenta alle curve fra le nebbie mattutine dell'Appennino e ascoltando una radio gracchiante e disturbata, ho sentito una notizia davvero bizzarra: sembra che Maroni abbia pensato di controllare la veridicità dei legami familiari degli extracomunitari con l'esame del DNA. Forse ho capito male. E come farebbe? Dopo che l'aspirante ricongiunto è arrivato, si procederebbe con il test? Oppure nei paesi di origine, avvierebbe la costruzione di laboratori...Invece per i rifugiati politici, sembra che ci sia un protocollo internazionale. Per tutte le altre questioni sull'immigrazione, si sbizzarirà come gli viene meglio. Questi politici preferiscono sempre scervellarsi e mai guardano al già fatto, al già sperimentato dei paesi dove tutto funziona meglio. Ma avrò capito male io, anche la gestione dei CPT non l'ho mai capita bene: non funziona per gli immigrati ma funziona benissimo pr tutti i mediatori, appaltatori e non so chi altri ci mangiano e ci ingrassano. Dopo i Centri di permanenza temporanea, i laboratori di analasi privatii

lunedì 5 maggio 2008

Siamo un po' uguali


Due studenti brasiliani, colti e intelligenti. Sono qui per un anno per fare un Master all'università. Sono stai in Francia per un anno per fare qualcos'altro. Pensiero espresso a proposito dell'università a Firenze: disorganizzazione totale, i professori non espongono il loro programma, spesso sono assenti, la data degli esami è qualcosa di fluttuante e sempre rivedibile, gli studenti sono in balia del caso.

Francia: Le facoltà sono ben organizzate, gli studenti si muovono dentro percorsi ben preordinati, i professori sono dipendenti dell'università e non agiscono come liberi professionisti oberati di lavoro e sempre sfuggenti.

Gli Italiani sono allegri e bugiardi, i Francesi tristi e musoni. Quando i Francesi si incontrano dopo tanto tempo, non c'è un abbraccio caldo ma una mano molle.

In Italia è come in Brasile, i soldi ci sono, i fondi arrivano, ma tutto scompare nelle tasche di pochi. Qui le mafie, i politici corrotti, l'amore per il sotterfugio e l'intrallazzo, in Brasile più o meno la stessa cosa.

Ecco, questa è la loro opinione.

mercoledì 30 aprile 2008

Nomadi e stanziali


Sono proprio curiosa di vedere, come il nuovo sindaco di Roma, riuscirà a rendere la città pulita e sicura. Farà un'azione concertata con disposizioni governative su tutto il territorio nazionale, o caccerà gli indesiderati mandandoli in altri comuni, dove la sinistra pietosa aprirà campi e centri di accoglienza? Ricordo, qualche anno fa a Firenze (ma forse succede anche adesso), la polizia fece salire in macchina tre cinesi senza pemesso di soggiorno e li scaricò all'ingresso dell'autostrada Firenze Nord. I cinesi in questione che frequentavano il corso di italiano, arrivarono in classe dopo qualche giorno ridendo come matti e mi raccontarono l'allegra avventura. Mi fecero vedere i polpastrelli per dirmi che gli avevano preso le impronte digitali e ridevano. Io ingenua, pensavo che tutto questo fosse molto pericoloso per loro, schedati in questo modo li immaginavo di li a poco in prigione o chissà che cosa. Invece sono passati diversi anni, loro sono ancora clandestini, si arrangiano come possono facendo lavoretti e barando a majong (forse è scritto male, non ho voglia di controllare) in bische casalinghe di fortuna, vengono ancora ogni tanto a scuola, spesso mi portano ravioli fritti o al vapore, quando sentono parlare della polizia ridono e io sono contenta di avere a che fare con dei buontemponi.

mercoledì 23 aprile 2008

Le donne, la notte, la casa e la violenza

Ma questi uomini che appostati da qualche parte, nel buio di una stazione, fra i cespugli di un parco, negli anfratti e negli androni, nelle case e nelle camere da letto, questi uomini, dico, non hanno una mamma, una sorella, un rapporto con il femminile che sia anche di amore e rispetto? E come fanno ad eccitarsi terrorizzando una persona? Io non capisco. Anche di fronte a tanta violenza, letta, sentita, vista, percepita, io rimango ancora incredula. Bisogna essere maschio per intuire quello che passa dall'inguine alla testa di un uomo?

martedì 15 aprile 2008

Cambierà qualcosa?

Per noi, nella scuola, nei corsi d'italiano dei Centri Territoriali Permanenti, non cambierà niente. L'organizzazione dei corsi, la divisione in livelli, la didattica che permette di raggiungere certi obiettivi, tutto rimarrà ancora a discrezione dei singoli insegnanti e della loro voglia di fare. Chi tira a campare può farlo. Nessun controllo, nessuna verifica, il mondo degli stranieri è vario e fluttuante, non ci sono i genitori che stanno con il fiato sul collo degli insegnanti. Nemmeno i coordinatori entrano nel merito di quello che si fa. Quello che conta è il numero degli iscritti per avere più finanziamenti per l'anno successivo e un'applicata di segreteria che svolga il lavoro non per il CTP, ma per tutte le esigenze della segreteria. Qualche furbo fa i progetti chiedendo 50 ore di lavoro straordinario che fa tranquillamente in orario scolastico. Le poche riunioni che facciamo nell'arco dell'anno scolastico sono di mattina e guarda caso per alcuni in orario scolastico che non viene nemmeno recuperato. Non esistono programmazioni comuni e nemmeno una programmazione individuale registrabile. Quale progetti? Boh! Chi li legge? Non si chiedono vrifiche. L'inciucio con l'RSU di turno li fa passare. E' un mondo dove tutto può succedere. Il governo Prodi aveva stanziato per l'anno scolastico 2007/08 una cifra alquanto superiore al previsto. Il prossimo governo taglierà ancora. Per quanto mi riguarda lavorerò come sempre a fare programmazioni, a stabilire obiettivi, a trovare strategie per raggiungerli, ad insegnare a fare curricula, a dare dritte per trovare lavoro, a cercare scuole appropriate per chi vuole continuare, a dare informazioni sugli eventi cittadini, ad incontrare le persone. E anche fuori dall'orario scolastico senza chiedere compensi straordinari, vista l'esiguità del carico orario per riunioni ecc...
Un decreto di fine 2007 stabilisce per l'anno prossimo, la creazione di Centri Provinciali per l'Educazione degli Adulti, indipendenti dai circoli scolastici, con un proprio organico e una propria dirigenza e sposta l'attenzione sull'utenza italiana "debole", sugli abbandoni scolastici, sull'analfabetismo di ritorno, su corsi finalizzati al titolo di studio e anche sull'alfabetizzazione degli stranieri. Un cambiamento di prospettiva che scommetto, non entrerà nel merito del cambiamento auspicabile della didattica. E comunque ho dei seri dubbi che il tutto vada avanti. Chissà se negli altri CTP si fanno attività più gratificanti e si hanno notizie su quello che sarà il prossimo futuro.

sabato 12 aprile 2008

I figli degli immigrati


Due ragazzine a Firenze, nello stesso giorno, a scuola, hanno tentato di uccidersi buttandosi nel vuoto. Non sono morte e continueranno a vivere qui nello squallore delle loro vite, confrontandosi ogni giorno a scuola con le vite forse un poco più spensierate dei loro compagni. La bambina cinese diceva in alcuni messaggi che nessuno poteva immaginare che vita lei stava facendo in una stanza-casa-laboratorio senza finestre con i genitori e un fratello. L'altra etiope chiedeva alla madre di poter ritornare in Etiopia. Un genitore, di solito le madri, o tutta la famiglia, arriva qui per costruire un futuro diverso per i figli, trova un lavoro, forse un nuovo compagno o compagna, chi si è indebitato per fare il grande cambiamento, lavora senza tregua notte e giorno pensando al futuro dei propri figli. I figli a scuola confrontano il loro presente con quello dei compagni, a casa arrancano nel presente per prepararsi un futuro e spesso scoppiano. E questo è forse il destino dei figli degli immigrati che alla fine troveranno una loro faticosa sistemazione rimanendo divisi fra la voglia di aderire ai desideri della famiglia e il riconoscersi nella realtà che li circonda. E' l'adolescenza che frega, che preme, che chiede. Superata dolorosamente quella che dovrebbe essere la parte più bella della vita, il peggio è passato e forse è passata anche la voglia di buttarsi dalla finestra.

venerdì 11 aprile 2008

ANDIAMO A VOTARE!


Non è vero che sono tutti uguali: Emma Bonino non è uguale alla Santanchè, Di pietro non è uguale a Casini, Rosy Bindi non è la Mussolini, Rita Borsellino non è la Brambilla.....Insomma non c'è fine al peggio ma c'è sempre un meno peggio!!! Non troviamoci ancora con Berlusconi sul groppone.

lunedì 7 aprile 2008

Elezioni

Ogni anno ad aprile, le frequenze a scuola diminuiscono, qualcuno trova un lavoro, qualcuno preferisce stare in giro, altri pensano di avere imparato abbastanza e vanno a cercare lavoro. In effetti se contiamo da ora alla fine della scuola, i giorni sono rimasti veramente pochi. Ci sono le elezioni e in classe è difficile parlare dell'argomento. Quasi nessuno legge i giornali, molti sentono nell'aria il nome di Berlusconi e forse lo associano a qualcosa di positivo. Chissà! Molti stranieri che sono in Italia per lavorare, hanno il grande desiderio di avere tanti soldi e non si chiedono come uno li abbia potuti fare. E' bravo perchè li ha saputi fare. Uno studente che ascolta musica italiana (Ramazzotti, Celentano, Vasco), guarda la televisione italiana, ha detto che tutti sono uguali e che ci vorrebbe ancora Mussolini. Come non inorridire e spiegare con il poco lessico a disposizione, come stanno veramente le cose? Ci provo ma i risultati non sono splendidi. Provo ad analizzare idee generali di giustizia sociale, pace, onestà, democrazia, ma devo fermarmi continuamente per spiegare termini a cui cinesi, filippini, egiziani, non sono abituati, nemmeno nella loro lingua. Storia ben diversa con il livello intermedio, frequentato da francesi, brasiliani, polacchi, belgi. Leggono i giornali dei loro paesi, hanno idee personali, esprimono le loro opinioni, sfogliano il giornale gratis e sanno argomentare le loro posizioni. E cosa interessante, sono tutti o ricercatori, o fanno un master, o sono studenti erasmus. E per scoprire l'acqua calda, bisogna dire che è molto più facile avere a che fare con persone "acculturate" che hanno avuto e hanno il tempo di affinare il proprio spirito e la propria sensibiltà. Comunque ho detto a tutti che il mio voto non andrà mai per nessun motivo a Berlusconi e nemmeno a chi agisce nel segno dei valori cattolici e del Vaticano. I filippini tremavano.

mercoledì 2 aprile 2008

bambini

Perchè farli se non siamo sicuri di poterli rispettare al cento per cento? Per chi? Per Dio?

giovedì 20 marzo 2008

Spazzatura

Grazie a tutti quelli che in questi mesi, hanno contribuito a rendere il blog più interessante e speriamo di risorgere. Anche noi. Come Gesù.

lunedì 10 marzo 2008

Il cuoco, il pugno e la pentola di sugo


Sembra che un Giappone, un cuoco alle prime armi che sbaglia i tempi di cottura di un qualsiasi piatto tradizionale o dimentica di girare un sugo e lo fa attaccare (nei ristoranti italiani), venga preso a calci e pugni davanti ai fornelli dallo chef, sotto lo sguardo timoroso degli altri. E proprio mentre Toshi, raccontava la sua esperienza personale alla classe e io incredula lo facevo ripetere due o tre volte per paura di non aver capito, un altro studente giapponese ha spiegato meglio il concetto dicendo che con questi sistemi, il cuoco ricorderà di girare il sugo la prossima volta. Ho chiesto se questo succede in altri posti di lavoro, però tutti hanno detto che in particolare si verifica nei ristoranti perchè il cibo è prezioso e non si può rischiare di perderlo. Mi è sembrato però di capire che anche in altri settori, lo schiaffo o il pugno dato dal capo all'impiegato colto in fallo, non desterebbe particolare sorpresa.

Più li conosco e meno li capisco questi giapponesi.

mercoledì 5 marzo 2008

8 marzo (2)

Le donne italiane meno giovani, cattoliche, praticanti, atee, credenti così così, sanno tutte quanto è costato ottenere una buona legge che le difendesse e le proteggesse dagli aborti clandestini, le mammane, le cliniche private. Molti dei medici che dopo l'approvazione della legge, si dichiararono obiettori, erano gli stessi che avevano praticato l'aborto nelle cliniche private, e molti obiettori di adesso, torneranno a guadagnare fior di quattrini sulla pelle delle donne, se la legge subisse sostanziali modifiche. Le donne immigrate, spesso vivono in mondi chiusi e in realtà in cui l'informazione non ha diritto di cittadinanza, la ragazza cinese ricoverata in fin di vita per un aborto provocato con uno spillone, la dice lunga su quella che è la consapevolezza dei propri diritti. Eppure avrebbe potuto abortire in ospedale, nell'assoluta riservatezza, avere l'assistenza gratuita e sicuramente meno sofferenze. Le donne italiane devono difendere questa legge, come lo hanno fatto negli anni settanta, cattoliche praticanti e non. Devono difenderla anche per quelle donne che non sono abitute a difendere i propri diritti. Difenderla per servirsene il meno possibile.

Sabato mattina in Piazza S. Marco a Firenze alle 9.30

martedì 4 marzo 2008

8 marzo

In molti paesi, la festa della donna non c'è, ma si affrettano tutti a dire che c'è un giorno dedicato alla mamma. La mamma sembra che santifichi in qualche modo il genere femminile, altrimenti poco rassicurante per gli uomini. La mamma, non è persona, è solo mamma. Vorrei dedicare questo 8 marzo a tutte quelle donne che subiscono ogni giorno prevaricazioni e violenze psicologiche e fisiche da parte di quegli uomini che vogliono tanto bene alla mamma. A tutte quelle donne che pur di essere mamma, accettano di fare figli con uomini di cui poi vorrebbero tanto fare a meno, a quelle che li fanno per "far contento lui". A tutte quelle donne che pensano che il marito "va saputo prendere", a quelle che brontolano, brontolano ma alla fine fanno tuttto loro, a quelle che "servono" i figli grandi perchè poverini sono giovani e tanto non sanno fare niente, a quelle che passano la vita fra marito, suocere, cognate, i pranzi domenicali e non faranno mai un viaggio da sole, perchè non ci hanno nemmeno mai pensato, a quelle che vanno loro a lavorare perchè il figlio diplomato non trova mai il lavoro adatto. . Lo dedico a tutte quelle che almeno per una volta hanno creduto di essere amate da un uomo musulmano e poi non rispettate, si sono dovute ricredere immancabilmente.
Perchè musulmano? Perchè i discorsi più stronzi sulle donne li ho sentiti spesso fare da loro. Gli italiani forse pensano le stesse cose ma non hanno il coraggio di dirle. E allora "mogli e buoi dei paesi tuoi"? Non lo so. Se una proprio deve scegliere meglio scegliere il male minore.
E l'8 marzo non sarò fra le agghindate che vanno a cena fuori con le amiche.
Lo dedico a tutte quelle che prima di essere mamme, mogli, amanti, si considerano persone e possono e vogliono fare anche le cose da sole.

sabato 23 febbraio 2008

La sposa e lo sposo

Shade viene dal Kenia e ha sei sorelle. Per la continuazione del nome della famiglia, suo padre avrebbe preferito che nascesse almeno un maschio, ma così non è stato e lui si è consolato facilmente perchè in Kenia chi ha le femmine avrà sicuramente un futuro prosperoso. Chi vuole una moglie la deve pagare. Fino a qualche decennio fa, si pagava con mucche e bestiame vario, adesso con quote che si aggiornano con l'inflazione. La ragione è questa: la figlia sposandosi va a lavorare per un'altra famiglia, i servizi che faceva per madre, padre e sorelle, li va a fare per il suocero, ecc...Il padre di Shade, non è stato tanto fortunato, perchè tre delle sue figlie hanno sposato tre italiani che non hanno voluto pagare niente perchè in Italia non c'è questa tradizione. Il padre è molto arrabbiato e controlla a vista le altre tre figlie perchè ha paura che seguano l'esempio delle sorelle.
In India invece, quando nasce una femmina, nasce una preoccupazione perchè un giorno bisognerà "comprarle" un marito. Pur essendoci leggi precise che vietano il passaggio di denaro da una famiglia all'altra per questioni matrimoniali, sembra che la pratica sia diffusa in tutto il paese. Sohini, è in Italia da quattro anni, lavora come domestica in una famiglia molto ricca, ha un buon stipendio, ma ha già 25 anni e non ha ancora un marito. Suo padre in India trama, intriga, combina, poi comincia a mandarle alcune foto di promettenti giovani (leggi: sfaccendati, cugini di qualcuno, parenti lontani o vicini, in attesa della grande occasione) che giurano di amarla senza nemmeno averla vista. Lei in questi anni è riuscita a mettere da parte 25.000 euro (!) e guarda caso servono pari pari per questa operazione. Racconta la cosa alla padrona di casa, spiega che lei deve fare quello che dice il padre, la signora (che è quella che mi ha raccontato la storia sperando che anch'io riuscissi a dissuaderla) è molto arrabbiata perchè non vuole certo un uomo in casa da sfamare, non vuole rinunciaare alla ragazza perchè è brava e tutti sono affezionati a lei. Io parlo con Sohini e le dico che potrebbe trovare un indiano qui che già lavora e già parla l'italiano, ma lei insiste: non può disobbedire al padre. E così è partita e penso che adesso stia preparando le nozze.
Non ho mai fatto indagini sociologiche e non ho mai letto grandi cose sulle ragioni sociali che sottintendono i fenomeni, rimango comunque allibita di come le donne rappresentino una merce di scambio.
Ah, dimenticavo! Se poi per caso una donna non rimane incinta, naturalmente è sempre e solo colpa sua e verrà ripudiata o costretta a servire la nuova moglie che finalmente dovrà "figliare".
A Sry Lanka, se una donna resta vedova, non potrebbe esserci maledizione peggiore. Qualsiasi festa di matrimonio, nascita, ricorrenze varie, le è preclusa perchè lei porta sfortuna. Non ho capito cosa succede dopo la morte del marito, dove abita e che cosa fa. In India, (abbiamo letto tutti la storia tristissima) le vedove addirittura si concentrano in una città abitata solo di vedove che vivono solo di carità (tempo fa sul "venerdì" di Repubblica) e mi sembra sia uscito anche un film in qualche festival.
Ovviamente queste storie non son sono più sconosciute a nessuno, ma entrarci in contatto diretto, fa sempre un certo effetto.