venerdì 11 aprile 2008

ANDIAMO A VOTARE!


Non è vero che sono tutti uguali: Emma Bonino non è uguale alla Santanchè, Di pietro non è uguale a Casini, Rosy Bindi non è la Mussolini, Rita Borsellino non è la Brambilla.....Insomma non c'è fine al peggio ma c'è sempre un meno peggio!!! Non troviamoci ancora con Berlusconi sul groppone.

8 commenti:

alfonso ha detto...

Il venerdì che precedeva le elezioni era per noi comunisti come il Venerdì Santo per i cattolici.
E’ il primo paragone che mi viene in mente, non sono molto ferrato in materia teologica e non so se si può parlare di “liturgia” del Venerdì Santo, di certo quella era per noi una giornata che si sgranava attraverso un rituale liturgico. Si andava alle urne quasi tutti gli anni e spesso anche due volte l’anno, fra elezioni anticipate, amministrative, europee e referendum vari. Arrivato a quel punto la stanchezza era tanta, perché il lavoro della campagna elettorale si sommava al lavoro politico di tutti i giorni, che a sua volta si sommava al lavoro in fabbrica di tutti i giorni, che era l’unico decisivo per portare a casa la pagnotta. A volte la campagna elettorale si svolgeva in prossimità della “Festa dell’Unità” e allora serviva davvero una fede incrollabile, oltre che un “fisico bestiale”, per andare avanti. Non era da tutti, e infatti noi comunisti eravamo “diversi”.
Ciascuno portava sulle spalle il peso che si sentiva di portare e non era lo stesso per tutti, ma in campagna elettorale tutti sentivano di dover dare il massimo: era come se mettessimo in gioco le nostre stesse vite, la nostra ragion d’essere. Tutto costava una fatica immane: l’organizzazione degli “eventi” (come si direbbe oggi), dalla logistica alla costruzione materiale dei palchi, degli stand, la stesura dei discorsi, l’attacchinaggio, il suonare mille campanelli per parlare con la gente (e tante porte sbattute sul muso), volantinaggi, comizi, feste, incontri…eccetera.. eccetera. Arrivato al venerdì prima delle elezioni ero stravolto ma contento, sapevo che avevo lavorato tanto e che ne avrei raccolto i frutti. Naturalmente, in ciascuno di noi le sensazioni, le speranze, le paure, erano diverse… a me bastava la certezza d’aver fatto tutto quello che era nelle mie possibilità per sentirmi soddisfatto. Ciascuno di noi era un pastore d’anime (voti), ciascuno aveva il proprio gregge (elettori) da governare e la Messa della Domenica (il seggio) avrebbe detto della qualità del proprio lavoro.
(Questa è solo una mia successiva rielaborazione, non va presa alla lettera… non lo meriterebbero tutte quelle donne e quegli uomini, compreso me, che vi hanno investito tutta o parte della loro vita).
Il nostro Venerdì Santo cominciava verso le cinque del pomeriggio con gli ultimi presidii davanti alle fabbriche nell’attesa dell’uscita degli operai, o nei piazzali dei supermercati. Il tempo di buttar giù un boccone e poi di corsa alla manifestazione di chiusura. Giusto il tempo per tastare la “piazza” e via di corsa alla Casa del Popolo per caricare in macchina manifesti, colla e pennelli per l’ultima tornata di attacchinaggio. A mezzanotte, come Cenerentola, dovevamo rientrare per scaricare tutto il materiale: nel caso la polizia ci avesse fermato con quel materiale, oltre la mezzanotte, avremmo rischiato il ritiro del certificato elettorale, che beffa! Per questo motivo, in un passato ancor più remoto, si utilizzavano dei minorenni per delle azioni appena meno ortodosse.
Depositati colla, pennelli e manifesti, si ripartiva per la ronda: giravamo per il quartiere fin quasi l’alba per impedire che gli avversari strappassero i nostri manifesti… e quante ne potrei raccontare.
Al sabato mattina la prima operazione era di telefonare, ciascuno da casa propria, alla stazione dei Vigili Urbani per segnalare tutti i manifesti (degli avversari) affissi fuori degli spazi destinati: in poco tempo erano ricoperti di vernice grigia e le multe fioccavano salate. Alle due, ultima riunione organizzativa e poi si partiva verso i seggi elettorali per le operazioni d’insediamento. Fondamentale era cercare di capire da quale parrocchia provenissero gli altri scrutatori (eravamo tutti nominati dai partiti) per ipotizzare strategie o alleanze. Era solo uno scolastico esercizio della nostra reminiscènza leninista, in realtà tutto è sempre andato nel pieno rispetto della legge e, soprattutto, della volontà degli elettori. Anche grazie a noi.

alfonso ha detto...

11 aprile 2008, in DIARIO
Edizione straordinaria!

I nostri autori Pino Corrias, Peter Gomez e Marco Travaglio fanno outing e dicono per chi votano. E perché.
La redazione

Ma anche sì
di Pino Corrias

Non voterò Mastella che ahinoi sta fuori a questo giro, per crudeltà mediatica. E rimarrà in vacanza con la sua scorta di polizia penitenziaria e moglie.
Non voterò Bertinotti che non ha mai sognato contratti metalmeccanici, ma direttamente la presa del Palazzo e lo ha pure realizzato, in proprio, con quello di Montecitorio.
Non voterò Casini uscito dalla cecità, evviva, con il nuovo incanto di moglie e figlioletta, il vestito blu, il capello brizzolato e un bel viale al tramonto, come nelle fiction.
Non voterò Bossi che sta davvero male, lo usano, si fa usare, vive in un mondo suo, con l’ampolla, i draghi, i ringhianti commercialisti del Po.
Non voterò Berlusoni, Dell’Utri, De Gregorio, né altri santi (o eroi) di ulteriori mandamenti d’Italia nerissima, compreso il redivido Ciarrapico e il defunto Mangano.
Voterei volentieri Romano Prodi, abitassi a Bologna. Voterei volentieri Anna Finocchiaro, abitassi a Palermo. Voterei volentieri Pier Luigi Bersani oppure anche Rosi Bindi.

Voterò volentieri Walter Veltroni, abitando a Roma. Il quale ha fatto una campagna elettorale come si doveva, parlandoci di un’Italia verosimile da rinsaldare, ma senza furori, intorno ai buoni principi del vivere civile. Sapendo che quel che conta è la redistribuzione delle risorse e delle opportunità, la lotta ai privilegi, la condivisione dei doveri e dei diritti. Che la politica è fare bene una strada, una scuola, un asilo. Dire la verità. Agire nella legalità. E pensare insieme a un po’ di futuro con giusta proporzione di ossigeno, immaginazione, ideali.
Un voto contro
di Peter Gomez

Andrò a votare e voterò Italia dei valori. Nel momento in cui Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri escono allo scoperto e, pur di avere la maggioranza al senato, non esitano ad elogiare l'omertà del boss Vittorio Mangano penso che sia necessario dare forza a chi dice chiaramente di no alla mafia. Arrivati a questo punto astenersi non serve. Ci sono mille ragioni per non condividere tutto il programma, tutti i comportamenti e tutti i pensieri del candidato premier Walter Veltroni, sostenuto da Antonio Di Pietro, ma è evidente che Veltroni e Berlusconi non sono la stessa cosa.

Certo alcune delle candidature del Pd lasciano molto a desiderare (per usare un eufemismo), ma percentualmente le liste del centrosinistra sono molto meglio di quelle del centrodestra. Ad ogni Mirello Crisafulli presente da questa parte, dall'altra ve ne sono almeno cinque. E in ogni caso scegliere nel centrosinistra gli aspiranti parlamentari dell'IdV un risultato lo porta: qualunque sia l'esisto delle elezioni avremo a Montecitorio e Palazzo Madama una pattuglia di uomini e donne pronti a battersi per la legge sul conflitto d'interessi, per l'antiracket, per la lotta alla corruzione. Inoltre se vincerà il centrosinistra o se la sconfitta sarà di misura, con tutta probabilità si tornerà alle urne non appena verrà approvata una nuova legge elettorale. Se invece la vittoria di Berlusconi sarà larga al voto si tornerà tra cinque anni.

Invito tutti quindi a pensare che cosa è accaduto tra il 2001 e il 2006 quando il nostro Paese è corso a grandi passi verso il regime con i servizi segreti che spiavano giornalisti e magistrati, con le epurazioni e le censure in Rai, con la grande stampa internazionale che ogni giorno metteva alla berlina l'Italia e il suo esecutivo. Non c'è una sola ragione per pensare che la prossima volta andrà diversamente. Berlusconi, del resto, nelle scorse settimane è stato chiaro: vuole reintrodurre l'immunità parlamentare, vietare le intercettazioni telefoniche, mettere nuovamente e più a fondo le mani sulla tv pubblica. Evitare tutto questo penso che sia un preciso dovere di chi ha a cuore la libertà.

Voterò, insomma, e il mio non sarà un voto per Veltroni, ma un voto contro Berlusconi. O se preferite un voto turandosi il naso. Ma in maniera ponderata, convinta, consapevole.



Con Di Pietro, per fare il guastafeste
di Marco Travaglio

Due anni fa votai per l’Italia dei Valori, soprattutto perché nel mio Piemonte candidava Franca Rame, persona straordinaria che sono felice di aver contribuito a mandare al Senato. Credo proprio che anche stavolta tornerò a votare per il partito di Antonio Di Pietro, che tra le altre cose non candida né condannati né inquisiti.

Conosco le obiezioni dei critici: la gestione padronale e personalistica del partito, da cui molti si sono allontanati; la caduta di stile di far prendere al partito una sede in affitto in uno stabile di proprietà dello stesso Di Pietro; la candidatura di personaggi come Sergio De Gregorio e Federica Rossi Gasparrini, puntualmente usciti dall’Idv dopo pochi mesi dall’elezione; l’adesione di Di Pietro, come ministro delle Infrastrutture, al progetto del Tav per le merci in Valsusa (sia pure dialogando con le popolazioni e discutendo di un possibile nuovo tracciato, alternativo al famigerato «buco» da 54 km a Venaus); la decisione di non chiudere la società Stretto di Messina, pur con la contrarietà ribadita al progetto del ponte; il no alla commissione parlamentare d’inchiesta sui fatti del G8 (secondo me sacrosanto, visto che le commissioni parlamentari in Italia servono a confondere le acque e a ostacolare le indagini della magistratura; ma maldestramente motivato con la richiesta di indagare anche sulle violenze dei black bloc, quasi che il parlamento dovesse occuparsi dei reati dei cittadini comuni).

Per essere chiari: voterei molto più volentieri per un Einaudi o un De Gasperi redivivi. Ma, in attesa che rinasca qualcuno di simile e riesca a entrare in politica, penso che l’astensione - da cui sono stato a lungo tentato - finisca col fare il gioco della casta, anzi della cosca. Il non voto, anche se massiccio, non viene tenuto in minimo conto dalla partitocrazia: anche se gli elettori fossero tre in tutto, i partiti se li spartirebbero in percentuale per stabilire vincitori e vinti. E infischiandosene degli assenti, che alla fine hanno sempre torto. Dunque penso che si debba essere realisti, votando non il «meno peggio», ma ciò che si sente meno lontano dai propri desideri.

A convincermi a votare per l’Idv sono le liste che ha presentato Di Pietro, che ospitano diverse persone di valore, alcune delle quali sono amici miei, di MicroMega, dei girotondi e di chi ha combattuto in questi anni le battaglie per la legalità e la libertà d’informazione. Ne cito alcuni.
C’è Beppe Giulietti, animatore dell’associazione Articolo 21 contro ogni censura ed epurazione, dunque scaricato dal Pd che gli ha preferito addirittura Marco Follini, ex segretario dell’Udc ed ex vicepremier di Berlusconi, come responsabile per l’Informazione: quel Follini che ha votato tutte le leggi vergogna, compresa la Gasparri che è il principale ostacolo alla libertà d’informazione.
C’è Pancho Pardi, che ho incontrato la prima volta al Palavobis, poi in tutti i girotondi e che mi auguro di reincontrare quando - se, come temo, rivincerà Berlusconi - ci toccherà tornare in piazza.
C’è la baronessa Teresa Cordopatri, simbolo della lotta alla ’ndrangheta in Calabria.
C’è, a Napoli, un sindaco anticamorra come Franco Barbato, che ha militato nel progetto di lista civica nazionale insieme a tanti altri amici.
C’è Leoluca Orlando, che in quanto ad antimafia non teme confronti.
Non ci sono, in compenso, alcuni personaggi discutibili che si erano avvicinati all’Idv, e che sono stati respinti o non ricandidati. E poi ci sarebbero anche Beppe Lumia e Nando Dalla Chiesa, ai quali Di Pietro aveva offerto un posto nella sua lista in Sicilia dopo l’estromissione (nel primo caso provvisoria, nel secondo definitiva) da quelle del Pd, che in compenso ospitano elementi come Mirello Crisafulli, l’amico del boss di Enna: alla fine, grazie anche all’Idv, Lumia è rientrato nel Pd, mentre Nando ha rispettabilmente deciso di declinare l’offerta.

E poi c’è Di Pietro che, pur con tutti i suoi difetti, ha saputo pronunciare - da ministro e da leader di partito - una serie di «no» molto pesanti contro le vergogne del centro-sinistra. No all’indulto extralarge salva-Previti, salva-furbetti, salva-corrotti e salva-mafiosi. No al segreto di Stato e al ricorso alla Consulta sul sequestro Abu Omar contro i giudici di Milano. No alla depenalizzazione strisciante della bancarotta tentata da qualche ministro furbetto. No agli attacchi contro De Magistris e Forleo. No al salvataggio di Previti alla Camera (il deputato Idv Belisario, per un anno e mezzo, è stato il solo con il Pdci a chiedere la cacciata del pregiudicato berlusconiano, mentre gli altri facevano i pesci in barile). No al salvataggio di D’Alema e Latorre da parte della giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera (lì il dipietrista Palomba s’è pronunciato per autorizzare le intercettazioni Unipol-Antonveneta-Rcs, senza se e senza ma). No all’inciucio mastelliano sulla controriforma dell’ordinamento giudiziario e a tutte le altre porcate del cosiddetto ministro della Giustizia ceppalonico. No all’inciucio in commissione Affari costituzionali per la legge-truffa di Franceschini e Violante sul conflitto d’interessi (anche qui, solo il Pdci con Licandro e l’allora Ds Giulietti han tenuto botta con l’Idv). No alla limitazione delle intercettazioni telefoniche e no - dopo un’iniziale esitazione alla Camera - alla legge-bavaglio di Mastella & C. contro la pubblicazione delle intercettazioni e degli altri atti d’indagine fino al processo. No all’aumento del finanziamento pubblico dei partiti e al colpo di mano tentato in tal senso dai tesorieri di tutti i partiti (tranne quelli dell’Idv, Silvana Mura, e della Rosa nel pugno, Fabrizio Turco). No al comma Fuda che assicurava la prescrizione agli amministratori pubblici indagati dalla Corte dei conti per infrazioni contabili.

Come ministro delle Infrastrutture, poi, Di Pietro ha bonificato quel lombrosario che era prima il vertice dell’Anas, cacciando gli inquisiti e i condannati e denunciando i responsabili di certi ammanchi. Ha razionalizzato la miriade di progetti faraonici ereditati da Lunardi, concentrando le poche risorse disponibili su alcune opere davvero necessarie. E, in campagna elettorale, è stato il solo a dire papale papale che Rete 4 deve andare sul satellite e che bisogna applicare immediatamente la sentenza dell’Alta Corte di Giustizia europea di Lussemburgo che, dichiarando illegittime le proroghe concesse a Mediaset dal 1999, privano da nove anni Europa 7 di Francesco Di Stefano delle frequenze necessarie per trasmettere.

Infine, last but not least: sia che vinca Berlusconi sia che Pdl e Pd arrivino al pareggio e magari tentino un bel governissimo di larghe intese, mi auguro che arrivi in parlamento una pattuglia di guastatori capaci di fare opposizione con fermezza e competenza sui due temi cruciali, la libertà d’informazione e la giustizia uguale per tutti. Di gente così ce n’era anche nel Pd, ma è stata scientificamente eliminata con una specie di pulizia etnica. Ricordiamoci quel che accadde nel 2001, quando l’Idv mancò il quorum per un soffio: l’unica vera opposizione al regime berlusconiano non era in parlamento (a parte i cani sciolti alla Dalla Chiesa e alla De Zulueta, ora scomparsi dalle liste), ma in piazza. Se stavolta entrano in parlamento Di Pietro, Orlando, Pardi, Giulietti, Cordopatri, Mura e qualcun altro come loro, è meglio per tutti.

www.voglioscendere.ilcannocchiale.it

Anonimo ha detto...

Bravi Alfonso, perchè non provi a scrivere qualcosa su questa cosa? Magari un romanzo, anche breve. Secondo me sapresti comunicare emozioni forti anche a chi non la pensa come te...
Io non so ancora chi voterò!
Faby

Stranistranieri ha detto...

Faby, importante è votare e sapere contro chi votare. E' vero, Alfonso quando scive "del suo" è proprio bravo.Non voglio svegliarmi martedì e sapere che per altri 5 anni la nostra malconcia democrazia e gli ultimi rimasugli di legalità cadranno ancora più in basso.

Donna Cannone ha detto...

ancora e ancora e ancora - unvoto contro. Sarò ancora inutile?

Anonimo ha detto...

E invece sì ce l'abbiamo fatta anche stavolta a eleggere democraticamente il personaggio (spero x lui che faccia, che non sia davvero così) più improbabile di tutta la storia politica italiana nonchè della storia del fumetto internazionale. Dico io... ma almeno pretendiamo un golpe, una marcia su Roma, un'invasione da Arcore! No, noi italiani, gran popolo un c'è che dire!,lo eleggiamo democraticamente... proprio lo vogliamo quell'ometto a nostra rappresentanza somma. E allora sapete icchè vi dico italiani... che berlusconi ve lo meritate tutto... che il prossimo sarà il Grande Puffo!

Jessica

Stranistranieri ha detto...

Eh si! La voglia sarebbe quella di scappare anche dall'informazione, non sapere più niente, non giudicare più. Io non posso rifugiarmi nemmno nel giardinaggio: anni e anni di semine e non ho mai raccolto niente. Tante erbacce molto verdi e qualche panta ultraresisente.

alfonso ha detto...

LE NUVOLE

Vanno
vengono
ogni tanto si fermano
e quando si fermano
sono nere come il corvo
sembra che ti guardano con malocchio

Certe volte sono bianche
e corrono
e prendono la forma dell'airone
o della pecora
o di qualche altra bestia
ma questo lo vedono meglio i bambini
che giocano a corrergli dietro per tanti metri

Certe volte ti avvisano con rumore
prima di arrivare
e la terra si trema
e gli animali si stanno zitti
certe volte ti avvisano con rumore

Vanno
vengono
ritornano
e magari si fermano tanti giorni
che non vedi più il sole e le stelle
e ti sembra di non conoscere più
il posto dove stai

Vanno
vengono
per una vera
mille sono finte
e si mettono li tra noi e il cielo
per lasciarci soltanto una voglia di pioggia.

Fabrizio De Andrè