lunedì 19 maggio 2008

In prigione


Quando ho conosciuto Alì nel carcere ad ordinamento speciale di Empoli (ma non era questa la definizione esatta, c'era qualcosa di speciale ma non ricordo cosa) lui aveva 25 anni ed io "qualcuno" di più, lui era Rom ed io ero l'insegnante d'italiano. Originario del Montenegro, era in Italia da molti anni e non aveva mai trovato il tempo di frequentare un anno scolastico per intero perchè dall'età di sette anni era sempre entrato ed uscito dal carcere minorile di Via della Scala. Sapeva leggere ma era sgrammaticato, non sentiva gli apostrofi, non metteva le doppie, le acca poi non ne parliamo. Ed era quasi sempre il mio unico studente perchè gli altri iscritti frequentavano il corso di giardinaggio, quello di falegnameria, rilegavano la carta e figuravano iscritti in tutti gli elenchi (sembra sia questo il sistema per chiedere ed ottenere fondi). Gli orari dei corsi più o meno coincidevano. Ali aveva trascorso lì gli ultimi quattro anni e sarebbe uscito nel giro di qualche mese se qualcuno avesse garantito per lui. Arrivava in classe (si fa per dire) scortato da una guardia con il quaderno e la penna in mano, ma invece di scrivere amava raccontare la storia dei suoi furti. Mi descriveva le villette in collina, le gronde su cui si arrampicava per salire ai primi piani, gli attrezzzi che usava per aprire le porte e le finestre, le scarpe perdute per scappare, i cancelli appuntiti che gli strappavano i pantaloni. E i taxi. Sembrava non avesse mai preso l'autobus. Non conosceva le strade e i percorsi perchè il tassista sapeva fare benissimo il suo mestiere. Anzi, mi diceva, che la mattina dalle parti del campo nomadi c'erano sempre gli stessi tassisti. Clienti abituali, i Rom, sembra vadano molto d'accodo con i tassisti. Alì, sempre pulito e ordinato, mi raccontava di essere più civilizzato degli altri, perchè aveva passato tanto tempo in carcere, aveva conosciuto tante assistenti sociali, aveva imparato ad usare bene le posate e a fare la doccia anche tutti i giorni. Diceva di non riconoscersi negli altri, si sentiva diverso e anche un po' sfortunato perchè era nato in mezzo a gente così. Il suo ultimo furto di gioielli lo aveva fatto in una villa verso Monte Morello, i gioielli erano tanti, lui aveva riempito una sacca e mentre sgattaiolava da una finestra erano arrivati i padroni di casa ed era stato immobilizzato con la refurtiva. L'assistente sociale stava preparando le carte per farlo uscire ma c'era bisogno di qualcuno che lo ospitasse e che avesse un reddito anche minimo, poi lui avrebbe dovuto frequentare la scuola Edile del Comune per imparare un mestiere e il pomeriggio andare a scuola e predere almeno la licenza elementare (esisteva fino a pochi anni fa). Per la casa (diciamo così) firmò la sorella che abitava in una roulotte e faceva le pulizie in un ambulatorio privato. Per la scuola Edile si adoperò l'assistente sociale e per la scuola mi impegnai io. Quando uscì, io non insegnavo più in carcere, avevo una classe in una scuola del centro storico e speravo di riuscire ad inserirlo in qualche corso serale. Andai a trovarlo al campo nomadi e mi ospitò in una roulotte tutta tappeti e parabola sul tetto, le fontanelle del campo scrosciavano e nessuno le chiudeva, i fili elettrici dondolavano sui tetti freddi e collegavano cavi e cavetti di condizionaori e stufe elettriche. I bambini sguazzavano nelle pozzanghere e lanciavano in aria vestitini e maglioncini che qualcuno amorevolmente aveva lasciato al cancello per gli zingarelli. Alì mi propose di fare un giro con la mia macchina, avrei guidato io ovviamente, anche se lui -disse-era capace di guidare perfino una Mercedes. Gli chiesi dove volesse andare e mi portò sulle colline di cui conosceva ogni segreto. Avevo la strana sensazione di essere in un posto che non avrei dovuto occupare, ma Alì mi divertiva. Nella sua tragedia era divertente. Lo portai anche a vedere la scuola che avrebbe dovuto frequentare e la fermata dell'autobus dove doveva scendere. Il tempo dei taxi era finito, tutte le sere sarebbe dovuto andare a firmare dai carabinieri e doveva andarci in autobus, l'abbonamento era a carico del Comune. Ci salutammo sul cancello del campo nomadi dandoci appuntamento per il lunedi alle cinque a scuola. Il lunedi non si presentò, il martedi mattina l'assistente sociale mi disse che grazie a nuovi accordi con il giudice sarebbe stata sufficiente la frequenza alla scuola Edile, bastava che all'uscita e prima di rientrare al campo, andasse a firmare. Il telefonino non era ancora nelle tasche di tutti e lui non aveva il numero di casa mia, lo chiamai al campo dove una specie di portiere alloggiava tutto il giorno in un gabbiotto, ma nessuno sapeva niente. Sulla cronaca di Firenze dopo alcuni giorni, vidi la sua foto, lessi qualche pezzetto della sua storia e la notizia della sua morte per overdose. Non avevo mai pensato che nella sua vita ci fosse anche la tragedia della droga. Lui non ne aveva mai parlato.

Ciao Ali.

9 commenti:

silviodulivo ha detto...

Il più bel racconto di stranistranieri sul blog

alfonso ha detto...

La triste storia di Alì nel bellissimo racconto di “stranistranieri” non può fare a meno di richiamare subito alla mente le vicende balorde di questi tempi. Il vento è cambiato e si sente. Sono passati pochi giorni dal suo insediamento, e già il governo Berlusconi si trova al centro delle polemiche europee. La Spagna lo accusa di alimentare spinte razziste e xenofobe. Il Parlamento europeo organizza un dibattito sulla condizione dei Rom in Italia.
Il Centro europeo per i diritti dei Rom, copresieduto dall’eurodeputata ungherese di etnia rom Viktoria Mohacsi, ha inviato proprio oggi una lettera al presidente Napolitano, al primo ministro Berlusconi, al ministro dell’Interno Maroni, oltre che ai presidenti della Commissione e del Parlamento europei, in cui chiede che il governo italiano:
1)Dia adeguata protezione a tutti i Rom in Italia contro violenze, attacchi razzisti e altre azioni discriminatorie.
2)Denunci con fermezza i pogrom che hanno avuto luogo.
3)Garantisca un’adeguata indagine sui fatti avvenuti a Napoli, Milano e altrove, e persegua tutti i responsabili, compresi i pubblici ufficiali, che facciano dichiarazioni contro i Rom tali da incitare all’odio razziale.
4)Cooperi pienamente con le istituzioni intergovernative, le organizzazioni internazionali e la società civile per porre rapidamente fine all’emergenza diritti umani dei Rom in Italia.
E’ triste e inquietante che un Paese che si vorrebbe civile debba ricevere di simili appelli.

Stranistranieri ha detto...

Trovare delle soluzioni per i Rom e non lasciarli nei soliti sudici insediamenti, garantire dei diritti e pretendere dei doveri. Questa avrebbe dovuto essere una politica seria del centrosinistra. Far finta che non esistano e lasciar crescere a dismisura il numero degli insdiamenti sempre ai margini di qualcosa, lasciarli mendicare e lasciare che i bambini siano allo sbaraglio, questo non è perseguitarli ma nemmeno dare un indirizzo futuro alla sopravvivenza di questo popolo. Il Comune di Firenze in questi anni si è impegnato in tante direzioni, proteggendo prima i campi (affidandone il controllo a cooperative) poi smantellandoli, poi assegnando le case, ma i risultati visibili sono minimi rispetto alle tante energie messe in campo. La mentalità del dare il pesce senza insegnare a pescare, credo faccia da sottofondo alle scelte politiche ingenue e sprecone. Per me essere razzisti, significa anche non dare dignità all'altro, esempio: le fontanelle che scrosciavano in continuazione erano (e sono?) la diretta conseguenza del fatto che il Comune pagava le bollette, così come pagava le bollette della luce. L'immondizia indifferenziata ammassata all'ingresso del campo (sto parlando dell'Olmatello), senza che ci fossero dei responsabili che in prima persona avrebbero pagato per il cattivo funzionamento. E' la logica assistenziale che considera a priori l'altro impossibilitato a rispettare gli impegni. Il mio medico è uno dei pochi che fa servizio di volontariato al campo e nel suo ambulatorio ogni giorno ci sono resse di nomadi con bambini urlanti e telefonini squillanti, entrano senza numero, prende il numero uno ed entrano in cinque e la gente che sbuffa, soffia, non dice niente e per ore va avanti quel casino. Io credo che quel medico, bravo e onesto, in cambio della propria disponibilità, dovrebbe pretendere dei comportamenti civili. Non lo fa. Le cose gratuite avute senza nessuna fatica, non hanno valore. E il pensare così fa parte della natura di tutti, non solo dei Rom.

alfonso ha detto...

Nessuna persona “ragionevole” potrebbe sostenere che i campi Rom abusivi non costituiscano non uno, ma dieci, cento problemi. Così come nessuna persona “ragionevole”, nemmeno Maroni, Bossi o Calderoli, potrebbe sostenere che quello che sta accadendo in questi giorni in Italia abbia qualcosa a che fare con almeno uno dei cento problemi di cui sopra. Si sta montando la paura fra i più sprovveduti (la maggioranza in questo paese) e poi si sta indicando loro il nemico comune da battere. Un abusato espediente, una vecchia strategia - ma sempre valida, evidentemente - per impegnare la gente in qualcosa e non lasciarle il tempo per pensare e per accorgersi d’altro E poi il nemico è conosciuto, è lo stesso da secoli, brutto, sporco e cattivo: lo zingaro. In aria c’è una puzza acre, pesante, soffocante: è l’odore della paura. Campi nomadi bruciati, donne, vecchi e soprattutto bambini spaventati cacciati via e costretti a scappare, con fagottini di stracci sotto il braccio, senza un posto dove andare. Eh, ma si sa: costoro sono la causa di tutti i nostri mali e vanno schiacciati come insetti. Infatti è colpa loro se in questo paese c’è la mafia, la camorra e la ‘ndrangheta. Se c’è un debito pubblico stratosferico, se c’è una classe politica che è diventata una casta inamovibile, se i nostri giovani non hanno lavoro e i nostri vecchi hanno pensioni da fame. E’ colpa loro se a Napoli ci sono mucchi alti come colline di immondezza, che arriva ai primi piani delle case. E’ colpa loro se le cause giudiziarie durano anni e se - nell’attesa - i delinquenti vengono liberati per decorrenza dei tempi di carceramento cautelare. E’ loro la colpa di ogni nostra quotidiana infelicità e pertanto vanno perseguitati e dispersi. Alla televisione passano le immagini di poveri esseri umani che vivono fra i rifiuti e gli scarti di ogni genere, mal lavati, mal nutriti e disprezzati da tutti, e che ora scortati dalla polizia, vengono cacciati ancora una volta, fra le urla animalesche di trionfo di altri poveracci, che si prendono così una rivincita sulla consapevolezza della propria emarginazione. «Abbiamo vinto», è come sentirli gridare: finalmente hanno trovato chi sta peggio di loro, qualcuno da guardare dall’alto in basso, una volta tanto, qualcuno a cui è facile far pagare tutti i rospi ingoiati. Fa niente se la colpa delle umiliazioni e delle vessazioni subite è di altri. Una tradizionale, bella e santa guerra fra poveri, emarginati e disperati. Lo straniero, il diverso, lo zingaro, il povero: coalizziamoci tutti per cacciarli! Che nessuno ci ricordi la sofferenza, l’ingiustizia, la diseguaglianza sociale. Che nessuno ci faccia pensare a chi vanno davvero attribuite le colpe di questo sfascio, di questo malessere. Dormiamo tutti con la testa sotto la sabbia: i nuovi governanti pensino per noi! Loro sì che faranno davvero una bella pulizia etnica: metteranno delle ronde, impiegheranno l’esercito, magari un domani si aggiungeranno anche i fucili caldi e le camicie verdi della lega e le squadracce di naziskin, chissà! Così saremo davvero sicuri tutti: e nessuno potrà più lamentarsi dei Rom, nessuno potrà più lamentarsi delle strade insicure, nessuno potrà più lamentarsi. Non fa niente nemmeno che su 160.000 Rom presenti in Italia, circa 70.000 siano nati qui, dunque siano a tutti gli effetti cittadini italiani e che quindi non possano essere espulsi! La verità è che, al di là delle meschinità politiche e le vigliaccherie nostrane, nessuno sa ancora come e dove incastonare questo tassello anomalo, un popolo, un’etnia europea, nel puzzle del casino organizzato che è oggi il “nostro” mondo. E’ vero: molti di questi Rom sono dei delinquenti, sono un po’ primitivi e non hanno nessun senso etico. Ma perché: c’è qualcuno che conta che ne abbia, in questo paese? Se ci fosse non sarebbe così facile delinquere e restare impuniti, non sarebbe così facile farsi le leggi che servono per non andare in galera, cucendosele addosso, non sarebbe così facile per le mafie, le camorre e le ‘ndranghete di arricchirsi in pace …. In un paese senza morale, senza idee, senza valori come questo è altrettanto ovvio che i delinquenti se ne approfittino. Tutti i delinquenti, grandi e piccoli. Ma visto che si possono punire solo i piccoli, perché i grandi sono intoccabili, ci si accanisce su di loro, per dare un’impressione d’efficienza. Tanto questi scimuniti di italiani si bevono qualunque balla...
Recentemente a Torino abbiamo festeggiato Israele e sicuramente alla base del rispetto che si ha verso questo paese così aggressivo è il terribile ricordo della shoà, che gli ebrei (non gli israeliani, che neppure esistevano) subirono per mano dei nazisti. La shoà, il sacrificio orrendo di tanta povera gente, colpevole solo di essere ebrea e che oggi troppo spesso serve a giustificare tutto, anche le soperchierie e le violenze contro i poveri palestinesi. Non siamo bravi a operare distinguo noi italiani e mai quando si deve scegliere fra poveri e ricchi, fra vittime e carnefici. Comunque sia non dobbiamo dimenticare mai il sacrificio di quella gente, ma chissà perchè dimentichiamo sempre che anche centinaia di migliaia di zingari furono massacrati nei lager nazisti.

Stranistranieri ha detto...

Sono totalmente d'accordo con l'analisi sociale e politica che fa Alfonso. Ovviamente. Il mio orizzonte è un po' più ristretto e legato a cose e fatti di ordinaria vita quotidiana, quando le persone entrano in contatto, comunicano, si conoscono, si azzuffano e ognuno si sente dalla parte della ragione. Sono convinta che se l'istituzione si preoccupasse di far rispettare le leggi che già ci sono e mettesse tutti i cittadini italiani e stranieri al riparo, la percezione di essere invasi sarebbe minore. Vedi l'esercito di avvocati che ingrassa sulle cause contro gli zingari, vedi l'esercito di commercialisti e avvocati che ingrasso per far evadere e trovare scappatoie alle aziende italiane e cinesi, vedi tutti i contratti di lavoro falsi pagati dagli immigrati clandestini per rientrare nella legge dei flussi. Pagano anche dai dieci ai ventimila euro. Vedi tutti gli affitti al nero e le case riempite a suon di posti letto. Vedi tutte le residenze che il comune concede in case già zeppe. Chi abita sotto o sopra o davanti, deve avere una coscienza politica molto sviluppata per non sentirsi un po' invaso e razzista. Insomma potrei continuare all'infinito.

alfonso ha detto...

Il fatto è che non sto attraversando un bel momento: già da anni non guardo più i telegiornali perché mi sono accorto che somatizzo troppo. Quando non posso farne a meno, come ieri sera, cerco di prestarvi poca attenzione… per ridurre al minimo gli effetti indesiderati, ma pur con tutta la nonchalance che il caso richiedeva non ho potuto fare a meno di rilevare un paio di chicche che mi hanno poi reso difficile il sonno.
I fatti: TG1 serale, conduttore Attilio Romita (quello che lanciò l’allarme terrorismo dopo il primo V-Day di Beppe Grillo), ospite in studio il Ministro Maroni per promuovere il suo “ultimo” pacchetto “sicurezza”. I politici in TV cercano di fare al meglio il loro mestiere, che il più delle volte si risolve in un raccontar balle. Anche il giornalista dovrebbe cercare di fare al meglio il proprio mestiere, rivolgendo al politico quelle domande che il minimo sindacale imporrebbe… quelle che si porrebbero da sole, se fossero iscritte all’Ordine, e che rimbalzano dalla testa alle labbra della gran parte dei telespettatori che stanno ascoltando. Ma lui non lo fa. Continua a porgere domande inutili e insulse, già concordate, alle quali il Ministro risponde “a pappardelle”( risposte che noi tutti già conosciamo per averle trovate, ormai, anche scartando un cioccolatino).
L’oggetto è il nascituro reato di “clandestinità”. Domanda fondamentale da porre: a che serve?
Ho letto in questi giorni che il numero dei clandestini si aggirerebbe, in Italia, intorno alle 650.000 unità! Ma non ho capito se è già comprensivo, oppure al “netto”, dei cinque-seicentomila “esuberi” del decreto flussi dell’anno scorso. Quello che ha visto centinaia di migliaia di stranieri rimanere in fila, per giorni e notti, davanti a tutti gli uffici postali della nostra Repubblica. I numeri comincerebbero a diventare biblici! Come pensa, Maroni, di arrestarli tutti? E cosa pensa di fare, una volta arrestati? Denunciarli a “piede libero”? Oppure li vorrebbe in custodia cautelare? Dove?
Le patrie galere possono contenere circa quaranta-quarantacinquemila detenuti (l’ho appreso ai tempi dell’indulto), di solito si sfora e quando s’arriva a sessantamila si fa tombola e scatta l’indulto! E allora? A proposito d’indulto: poiché non è pensabile che tutti questi clandestini siano arrivati negli ultimi tre giorni, è molto probabile che la gran parte di loro sia giunta in data antecedente il primo maggio 2006, data che costituisce il limite entro cui si può aver commesso qualsiasi reato senza pagare eccessivo o pegno alcuno: insomma, sarebbero quasi tutti “indultati”? E allora?
D'altronde, le pene previste per il reato di “clandestinità” sono tali da lasciar supporre che in galera non ci andrebbe nessuno. E allora?
Ma i processi sì, quelli andrebbero fatti… sommergendo giudici e tribunali sotto una valanga di inutili procedimenti giudiziari. Soffocherebbero in breve tempo la già asfittica macchina della giustizia. E allora? Forse è questo il vero obiettivo del pacchetto “sicurezza”?
Forse è “questo” il servizio pubblico a cui pensavano tutti quelli che, da destra a sinistra, dai giornali alle televisioni, dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno e anche dall’Appennino alle Ande, si sono “indignati” dopo l’intervista di Travaglio?
Passano pochi secondi, non ho ancora finito di battere la testa contro il muro, che arriva la seconda chicca: intervista a Pierluigi Bersani, ministro ombra (lo scrivo con la minuscola, sennò che ministro ombra è?) del PD. Cambia l’ambientazione, siamo davanti a Montecitorio, cambiano i protagonisti ma la scena è sempre la stessa, solito microfono sotto il mento del politico, solite domande inutili e concordate, solite risposte mandate giù a memoria. Non ho neanche ascoltato quel che dicevano e di cosa si parlava perché ancora in preda all’incazzatura per l’intervista a Maroni, poi il gran finale… quello che mi ha davvero tramortito… “chiederà, l’opposizione, alla maggioranza di sostenere questi provvedimenti?”. Questo tipo di domanda l’avrò ascoltata, o letta, migliaia di volte, ma sempre rivolta ad un esponente della maggioranza, perché di solito è il Governo che si rivolge all’opposizione chiedendole di appoggiare i suoi “provvedimenti”! Mai mi era capitato di sentire una cosa del genere, lo giuro! Lapsus freudiano? Di certo una testimonianza esplicita della confusione che ci presiede. Non si capisce più dove finisce la maggioranza e dove inizia l’opposizione, dove finisce la propaganda e dove inizia la Politica…
Per non continuare a battere la testa contro il muro, cerco di sfogarmi sui blog.

Donna Cannone ha detto...

Non mi aspettavo una fine tragica, e sì che non credo alle favole.
MI verrebbe da dire, così, di impulso, che le vicende e storie personali che racconti, sono vissute da poche persone in prima persona. Quanti di noi hanno varcato la soglia di un carcere o di un campo rom?
E invece tutti, nelle nostre poltrone e scrivanie, prendiamo posizioni e crediamo di sapere.

Forse quella di Alì è stata una reazione estrema temporanea? Forse non c'era la droga da sempre nella sua vita. Magari stare fuori, affrontare il cambiamento, era più di quanto riuscisse ad affrontare?

Stranistranieri ha detto...

La fine che ho raccontato è stata tragica ma "addolcita" dal tono romanzato che preferisco dare a queste storie. La realtà è stata ancora più dura. La sorella che lo stava ospitando era già malata di tumore ed è morta poco dopo che lui è uscito,la ragazza che lo aspettava da quattro anni è rimasta incinta, lui è morto di overdose perchè (si è pensato) non era più abituato a quello che faceva normalmente prima di entrare in carcere. Il bambino è nato al campo nomadi e già senza un padre. Io non l'ho mai conosciuto.
E' molto più facile scrivere che stare a contatto con storie dolorose.

alfonso ha detto...

Abdwahad nasce già clandestino
a poche miglia da Lampedusa
dal nostro inviato FRANCESCO VIVIANO

LAMPEDUSA - Nel buio della notte, nel gommone sbalzato dalle onde a 12 miglia da Lampedusa, è nato Abdwahd, figlio di una coppia di somali giunti con altri 45 clandestini ieri mattina nell'isola. Il bimbo è nato mentre una motovedetta andava incontro all'imbarcazione che aveva lanciato un allarme.
Ad aiutare a partorire la donna, che in Somalia ha lasciato altri cinque figli, sono state sei donne che come lei erano partite due giorni fa dalla costa libica di Al Zwara.

Quando la motovedetta della Marina militare italiana ha accostato il gommone, donna e bimbo sono stati presi in cura dai medici e dagli infermieri della Croce Rossa maltese che da alcuni giorni prestano servizio volontario a bordo dei mezzi navali italiani impegnati nelle operazioni di soccorso nel Canale di Sicilia.
Sulla banchina erano già pronti un'ambulanza ed altri medici che hanno subito trasferito madre e neonato nel poliambulatorio di Lampedusa. Le loro condizioni sono per fortuna buone e dopo alcune, insieme al padre, si sono ritrovati nell'infermeria del centro di accoglienza circondati dalle premure degli addetti alla gestione del centro.

E lì la donna ha incontrato Sharon Francesca, la bimba di quattro mesi di origine nigeriana che domenica scorsa è stata battezzata nella chiesa di Lampedusa così come aveva deciso la mamma, Florence, che aveva fatto questa promessa se avesse raggiunto viva l'Italia.

I genitori del piccolo Abdwahd sono una coppia di somali che è fuggita dal loro paese per motivi politici. Erano partiti 10 mesi fa da una villaggio della Somalia e dopo avere attraversato il deserto erano riusciti a raggiungere Tripoli. E durante questo lungo e difficilissimo viaggio la donna è rimasta incinta.

"Non sapevo che mia moglie avrebbe partorito in questi giorni - dice il marito della donna - . In questi mesi la nostra vita è stata un inferno ed è stato un miracolo che abbiamo raggiunto la vostra Italia". La coppia adesso è preoccupata per gli altri cinque figli che hanno in Somalia. "Speriamo che voi italiani adesso ci aiutate a fare venire qui anche gli altri miei figli".

Nella storia di Abdwahd (Fortunato in italiano) si intrecciano dramma e curiosità. È il primo bambino nato a Lampedusa (o meglio nel mare di Lampedusa) da oltre dieci anni a questa parte. Il sindaco dell'isola, Dino Derubeis, è felice perché rompe un "digiuno" di nascite provocato dall'assenza di un ospedale. Adesso per il piccolo si porranno problemi burocratici. È figlio di genitori somali ma è nato in Italia. Che succederà? A Lampedusa si stanno già interessando del caso i responsabili dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati. "Speriamo che Abdwahd e i suoi genitori - dice la portavoce Laura Boldrini - ottengano l'asilo politico".


(23 maggio 2008)