Chi fa violenza alle donne è un violento sempre. E' pericoloso e non deve mai, per nessun motivo, restare libero agli "arresti" domiciliari. Non deve nemmeno rimanere "comodo" in cella ad aspettare che avvocati e assistenti sociali trovino il sistema di rimetterlo in libertà. Deve andare ai lavori forzati. Non esiste più questo sistema di punizione? Che sia ripristinato, che lo spauracchio della fatica sia sventolato davanti a tutti questi frustrati impotenti. Non voglio mai sapere le ragioni sociali o psicologiche che stanno dietro a una violenza. Le posso immaginare ma è il risultato quello che conta. Il violentatore non va "capito" perchè proveniente da famiglia di un certo tipo o da violenze subite ecc... Nell'atto di violenza a una donna, risiedono radici culturali difficili da estirpare, ma la condanna dovrebbe essere totale, la società maschile e femminile per intero dovrebbe fare muro. Eppure si sentono spesso frasi del tipo: - poteva coprirsi di più - oppure: poteva stare a casa, non doveva andare in quel posto - che testimoniano come in fondo ci sia una scusante per quegli omuncoli pezzenti.
Finchè esisterà anche un solo pensiero di questo tipo, i violentatori avranno modo di crescere e di nascondersi anche dietro a una qualche rispettabilità.
E non si venga a dire che ci sono anche tante violenze in famiglia. Le due cose sembrano simili ma non lo sono. In famiglia la violenza nasce dentro una interazione, dentro meccanismi di coppia in cui l'uomo esercita anche un potere fisico. La donna subisce ma ha una via di scampo. Può scegliere di scappare e denunciare. La violenza in strada non ha vie di scampo, è come appiccare un fuoco ad un mucchio di paglia.
Sono gli uomini "per bene" che dovrebbero scendere in piazza contro la feccia che oltraggia le donne e la persona. Per chi crede ancora che esista la dignità di una persona.
8 commenti:
Cara Daniela,
avverto persino fisicamente la tua rabbia e la tua indignazione, che è anche la mia e quella di tantissima gente. Inutile dire che è niente, se solo ci riuscisse di immaginare e provare ad accostarla alla sofferenza delle vittime. Le immagini… i rumors delle violenze di ogni tipo e in ogni parte del mondo ci scorrono agli occhi come un film e come un film le dimentichiamo dieci minuti dopo. Abbiamo già dimenticato le immagini dei bambini di Gaza, così come mille altre. Proprio per questo, proprio per non arrendersi alla violenza, alla sopraffazione, dobbiamo, in tutti i modi, mantenere acceso il lumicino della ragione (ormai sembra essersi ridotto a questo) e chi ha i mezzi, la cultura, per farlo deve assolutamente prodigarsi in questo… anche misurando le parole. Già in qualche altra occasione mi era capitato di dirlo nel tuo blog.
Che ognuno porti, quelli che possono, il proprio granellino di sabbia sull’argine della barbarie.
Ieri sera, guardando il TG1, mi sono reso conto… per l’ennesima volta… di quanto siano importanti le parole, il linguaggio, le formule: ci sono stati raids razzisti contro esercizi commerciali e contro inermi cittadini stranieri (in particolare rumeni, ma anche pakistani) in “risposta” alla violenza subìta dalla povera ragazza di Roma, durante tutto il servizio del TG1 è corsa innumerevoli volte la formula “giustizia fai da te”.
L’hanno pronunciata il ministro Maroni (quello che un paio di settimane fa aveva rassicurato che non vi fosse un’emergenza stupri perché i numeri erano “stabili” (cioè, nella norma?) e che ieri presentava misure “antistupro”!), il sindaco Alemanno, il Presidente del Senato, Schifani, e l’ha ripetuta più volte lo speaker del telegiornale. Ma cosa c’entra? Come si può, solo lontanamente, accostare la parola “giustizia” (sia pure “fai da te”) ad atti di violenza commessi da squadristi criminali che nulla hanno a che vedere con la povera ragazza, contro inermi cittadini stranieri che nulla hanno a che vedere con i criminali stupratori?
Di “giustizia fai da te” sarebbe legittimo discutere se la ragazza vittima avesse impugnato una pistola e sparato nelle palle dei suoi aguzzini, ma nel caso dei raids assolutamente no! E’ come giustificarla in parte, come farla apparire un po’ meno grave, come fornire alibi. Violenza e sopraffazione come alibi di violenza e sopraffazione. Prevale sempre la legge del più forte: questa è la barbarie, e a quelli che non sono i “più forti” non conviene alimentarla.
Concordo pienamente!!!
Giuseppe Crapisi
Sono stata fraintesa? Non volevo certo dire scendere in piazza con i forconi. SCendere pacificamente in piazza per dissociarsi da chi sparge la vergogna sul genere maschile. Gli uomini in piazza a manifestare con bandiere e striscioni contro una minoranza che li infama. E basta anche con quelle feste sconce di addio al nubilato frequentate anche da insospettabili! ( Questo è non misurare le parole, lo so, ma mi sembra ci stia bene) E, tanto per saltare di palo in frasca, chi ha sempre misurato le parole e invece del pane si è sempre occupato dele brioches, per fortuna se ne è andato. Sono rimasti tutti gli altri però, quelli che vorrei vedere in piazza come uomini e non come politici.
Forse sono stato frainteso io? Non era allo “scendere” in piazza, che fa sempre bene, che mi riferivo.
Chi ha seguito le cronache, di stampa e televisioni, in questi giorni, si sarà accorto di come sia scattata, in breve tempo, la solita operazione: questo governo vive ormai solo di mistificazioni che, opportunamente e sapientemente orchestrate dai suoi organi d’informazione, riescono a spostare l’attenzione dal problema “vero” a quello “falso”. Il “falso problema” serve ad alimentare prima e a soddisfare dopo, il mal di pancia dell’opinione pubblica, con provvedimenti préte-a-porter che non risolvono niente e sono inutilmente vessatori nei confronti di determinate categorie o gruppi sociali (e non mi riferisco agli stupratori). Solo grazie a queste operazioni il governo riesce a mantenere alto, oltre ogni ragionevole aspettativa, il livello di consenso. Le parole, il linguaggio, rappresentano la chiave di volta di queste operazioni. Non è lo stupratore il mostro, ma lo straniero.
I giudici sono diventati loro complici e gli squadristi sono diventati “giustizieri”. E secondo voi, cosa diventeranno le “ronde”? Era già successo nel caso della povera signora Reggiani: anzi, in quella tragica occasione nemmeno venne mai posta la questione della violenza sulle donne, divenne subito il problema dei campi nomadi, dei rumeni, e lo scemo del villaggio (Veltroni) si recò subito in quello “incriminato” e ne ordinò la demolizione (perché non l’aveva fatto prima?). Ricorderete quello che accadde nelle settimane e nei mesi successivi: campi presi d’assalto e incendiati da “cittadini esasperati”, violenza su violenza e sempre contro i più deboli… c’erano solo donne e bambini nei campi incendiati a Napoli.
Già l’anno era iniziato con uno stupro durante la festa organizzata alla Fiera di Roma, lo stupratore è stato arrestato e posto agli arresti domiciliari in attesa del processo. Ma è italiano, per cui non c’è stata gogna mediatica, è stato arrestato senza convocare stampa e televisioni, non sappiamo neppure che faccia abbia, non solo non ci sono stati tentativi di linciaggio, ma addirittura i suoi amici (e le sue amiche) esposero uno striscione di solidarietà di fronte alla sua abitazione.
La violenza sulle donne ha radici profonde in una società dominata dalla cultura della violenza, dell’odio e della sopraffazione: in una società così, non ci sono leggi che tengano sul versante della “prevenzione”. Su versante della repressione servirebbe potenziare l’azione delle forze di polizia e della magistratura, ed è esattamente l’opposto di quello che questo governo sta facendo… se solo si prestasse attenzione allo stillicidio di provvedimenti approvati giorno dopo giorno.
Le parole sono importanti: chi chiede il rispetto della legalità, oggi viene tacciato di “giustizialismo”. Anche il mio barbiere, che per anni ho sentito parlare solo di Juventus con forte accento siciliano, oggi usa spesso la parola “giustizialismo…
Sono tempi veramente bui, nel mio piccolo posso fare ben poco… cerco solo di non dar loro una mano.
Il mio pensiero va "oltre" al mostro straniero fabbricato da giornali e televisioni. Il mio discorso si posa sugli "Uomini" di qualsiasi parte essi siano. I ragazzi per bene, italiani, rumeni,albanesi che parlano di "donne troie", quelli che picchiano l'altro che gli ha offeso la mamma, quelli che vanno allo stadio e offendono con il "mamma maiala", quelli che se parlano di una donna dicono che è facile e la dà a tutti, quelli che in fondo in fondo pensano che la colpa sia un po' anche delle donne. Vorrei vedere tutti questi uomini,italiani, stranieri, banali, "normali" che non sono stupratori, schierarsi tutti insieme, una grande massa maschile contro gli altri, quelli che si macchiano di crimini contro le donne. Solo gli uomini vorrei vedere schierati. Nemmeno una donna in mezzo. Schierati e offesi loro per primi. Se poi questo portasse a denunciare ancora di più la presenza di stranieri fra i colpevoli, pazienza, non possiamo certo dire che abbiamo intorno degli agnellini.
Ho partecipato a molte manifestazioni sul tema ed ho sempre notato una presenza maschile quantomeno pari a quella femminile. Ne ricordo una in particolare, a Roma nella primavera dell'88: fu una grande manifestazione per sollecitare l'approvazione del testo di legge che da ben undici anni girava in Parlamento tra una Commissione e l'altra. Quel testo prevedeva l'abrogazione della precedente disciplina che considerava la violenza sessuale come reato contro la morale pubblica e non contro la persona! Dopo quella manifestazione passarono altri otto (!) anni prima che la legge potesse finalmente essere approvata (1996). Quindi, ci sono voluti ben diciannove anni per arrivare a decretare che la violenza sessuale fosse un reato contro la persona e non contro la morale. Prova ad indovinare da che parte venivano le resistenze.
Che dirti... io non ho mai usato espressioni come "lavori forzati", "pena di morte" (perchè no?) eccetera, innanzitutto perchè non le ho mai pensate e poi perchè non sono attuabili e servono solo a dare fiato ai tanti tromboni autoritari che non mancano mai.
Invece io gli stupratori a lavorare ce li metterei. E non avrei paura di nessuna svolta autoritaria. E' il lavoro che riqualifica e "rimodella" e non l'ozio. E' il genere maschile che deve dire no agli stupri. Le donne è ovvio che lo dicono e lo hanno sempre detto. Le manifestazioni "miste" ormai non sono interessanti, non danno nessun segnale forte. Proporrò a Di Pietro di indire una manifestazione di genere. (!!)
Brava
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