8 marzo. Basta pronunciare questa data e già abbiamo detto tutto. Mimose, ristoranti cinesi un tempo, e ora, giapponesi, indiani, pacchetti bellezza alle terme, dolci, dolcetti (chissà perché) e mimose sui banconi di Coop e Esselunga. Tutte insieme per un giorno a consumare, spendere. "Coccolarsi" come amano dire alcune. Per un giorno i mariti e fidanzati a casa e via per un tuffo nelle acque della libertà.
Che tristezza! E non perchè fare tutte queste attività ricreative sia triste. Anzi. Le mimose che spaccano di giallo i giardini ancora brulli, mi sembrano le più adatte a risvegliare energia.
A parte lo spendere e il consumare su cui avrei molto da ridire (i dolcetti poi, orrido!) e qui si aprirebbe un'altra problematica che non voglio affrontare ora.
.
Sarebbe questo il momento di riunire tutte le forze, le smanie di libertà concetrate in un giorno e incazzarsi.
Scendere in piazza come ai tempi del femminismo. Il corpo è mio e me lo gestisco io.
Insieme contro la violenza continua ed in espansione a cui siamo costrette ad assistere e nel peggiore dei casi a subire.
Davvero, il socializzare attraverso il consumo di fiori e cibi esotici, ha fatto bere il cervello a tutte? E magari c'è qualcuna che va a vedere spettacolini di uomini nudi e poi dice di essersi tanto divertita.
Oddio!
Bisogna fare "muro". Non so come, ma bisogna farlo.
Alla fine, ho la sensazione di aver scritto solo slogan.
E questo è quanto.